Approdano a Lampedusa Le vie dell’amicizia Muti dirige lo Stabat Mater per i migranti

Il 9 luglio nell’isola il brano di Sollima per Ravennafestival L’Orchestra Cherubini suona i violini fatti col legno dei barconi

Approdano – termine questa volta ancora più azzeccato di altre volte – approdano a Lampedusa Le vie dell’amicizia di Ravennafestival. Approdano là dove ogni giorno approdano le carrette del mare, dove fanno rotta i viaggi della speranza di chi scappa dalla sua terra, l’Africa e l’Asia mediorientale, provando a lasciarsi alle spalle guerra e fame, per cercare una speranza di futuro. Approdano in un angolo remoto dell’isola siciliana, lontano dagli occhi dei turisti, ma davanti agli occhi del mondo. Di chi, troppo spesso, tace di fronte a questa tragedia. Perché molti approdano vivi, piegati dal viaggio e dagli scafisti, ma vivi. Ma sono anche tante, troppe, le salme che i soccorritori devono portare a riva.

Qui, in questo scenario, davanti alla Porta d’Europa – nome significativo dell’opera d’arte che richiama alle sue responsabilità, spesso dimenticate, il Vecchio Continente – di Mimmo Paladino, nella cornice del Teatro naturale dalla cava, il 9 luglio Riccardo Muti, accompagnato dall’Orchestra Cherubini che suonerà sugli strumenti ad arco realizzati con il legno dei barconi dei migranti, innalzerà una preghiera. In musica. Un lamento. Un grido. Il grido di dolore per eccellenza, quello di Maria, straziata ai piedi della croce di Cristo, icona universale del dolore di una madre che piange il figlio morto. Risuonerà lo Stabat Mater di Giovanni Solima a Lampedusa. Crocevia del Mediterraneo, «scoperta, scambio, dialogo, libertà il “mare in mezzo alle terre” che unisce sponde apparentemente lontanissime. Ma che per molti – sempre troppi – è una speranza che scompare sotto le onde, il sogno di una vita migliore che si fa tragedia infinita». Luogo scelto da Riccardo Muti e da Ravennafestival per l’edizione numero ventotto delle Vie dell’amicizia, ponte di fratellanza in musica, partito nel 1997 dalla Sarajevo ferita dalla guerra dei Balcani, passato da Gerusalemme, New York, Kiev, Teheran e ora pronto ad approdare a Lampedusa – partendo da Ravenna, altra città di mare, crocevia di culture e popoli, dove il 7 luglio Muti dirigerà al Pala De André.

Edizione 2024 dedicata ai migranti, dunque. Le vie dell’amicizia erano già sbarcate in Sicilia, nel 2008, quando al porto di Mazara del Vallo, in mezzo ai pescherecci che ogni giorno salvavano vite nel Mediterraneo, Muti aveva diretto altri due Stabat Mater, quello teatralissimo di Gioachino Rossini e quello e impregnato di dolore e speranze, ieratico e solenne, di Giuseppe Verdi (insieme agli altri suoi Pezzi sacri). Quest’anno tocca allo Stabat Mater che Giovanni Sollima ha composto su versi di Filippo Arriva in antico siciliano. Con l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini ci saranno il coro della Cattedrale di Siena Guido Chigi Saracini diretto da Lorenzo Donati, il controtenore Nicolò Balducci, Lina Gervasi al theremin e lo stesso Sollima al violoncello che, come tutti gli strumenti ad arco suonati dai ragazzi della Cherubini, è realizzato con il legno di barconi dei migranti nel laboratorio di liuteria del carcere di Opera, progetto della fondazione La casa dello spirito e delle arti.

Lo Stabat Mater, canto di dolore di una madre. Ed ecco che sull’accordo finale dell’ultimo movimento del brano di Sollima, «Ninna nanna ò» si leveranno ninne nanne in idiomi diversi, dal salentino all’ucraino, intonate dalle voci femminili del Coro a Coro di Rachele Andrioli per poi lasciare spazio alla voce di una cantante palestinese alla quale sarà affidata la preghiera tradizionale araba dedicata alle madri e a canti migranti intonati dal coro. E se in apertura di concerto risuonerà la composizione elettroacustica Samia suite di Alessandro Baldessari e Claudio Cavallin, commissionata da Ravennafestival, a Lampedusa si ascolteranno anche le note della banda dell’Associazione culturale musicale Lipadusa, diretta da Gaetano Palmieri.

E tra la musica, tra i concerti di Ravenna e Lampedusa. Le vie dell’amicizia 2024 mettono la parola, Non dirmi che hai paura, opera teatrale musicale tratta dall’omonimo romanzo di Giuseppe Catozzella, vincitore nel 2014 del Premio Strega giovani. La storia di Samia Yusuf Omar, velocista somala che nel 2008 partecipò alle Olimpiadi di Pechino, non conquistando nessun podio, ma diventando simbolo di riscatto e libertà per le donne di un paese sempre più dominato dall’integralismo religioso. E che nel 2021 trovò la morte nel Mediterraneo in uno dei tanti, troppi viaggi della speranza (o della disperazione). Lo spettacolo, in scena al Teatro Alighieri l’8 luglio, arricchito dalle testimonianze video dei partecipanti al Programma olimpico per i rifugiati e insignito del patrocinio di Coni e Unhcr, avrà la regia di Laura Ruocco, le musiche originali di Alessandro Baldessari alle quali si affiancano brani di Peter Gabriel e Jill Gabriel e le coreografie di Giulio Benvenuti.