Noi direttori, sul podio con il Verdi patriottico

Giampaolo Bisanti e Francesco Lanzillotta a Parma dirigono Nabucco e Lombardi alla prima Crociata «Attualissima la lezione musicale e civile del primo Verdi»

NabuccoI Lombardi alla prima Crociata. Due partiture imparentate. Una modellata sull’altra. Entambe andate in scena al Teatro alla Scala di Milano, quando Verdi era la star indiscussa, ispiratore per i patrioti con le sue pagine che raccontano le lotte di popoli per la loro terra e le loro libertà. La prima andata in scena il 9 marzo 1842 l’altra nemmeno un anno dopo l’11 febbraio 1843. Il coro del Signore dal tetto natio, calco perfetto del Va’ pensiero (ma il coro più bello dei Lombardi, per intensità e profondità, resta Gerusalem). Nabucco drammaturgicamente più conciso, Lombardi con una storia più strampalata… ma entrambe storie di padri e di figli, tema che emerge più nell’opera sul re di Babilonia in realtà. Opere che raccontano di colpa e redenzione. Da una parte quelle di Abigaille che cospira contrro il padre e la sorella per poi chiedere che su lei «morente, esanime, discenda il tuo perdono». Dall’altra quelle di Pagano, che volendo uccidere il fratello uccide per sbaglio il padre e va a cercare riscatto in Terra Santa dove morirà lodando il «gran dio di vittoria, invincibil signor! Tu salvezza, tu guida, tu gloria sei de’ forti che t’aprono il cor». Nabucco e Lombardi in cartellone al Festival Verdi 2023 del Teatro Regio di Parma. Uno accanto all’altro. Nabucco in forma di concerto al Teatro Magnani di Fidenza diretto da Giampaolo Bisanti, con le voci di Vladimir Stoyanov e Marta Torbidoni, Lombardi al Regio con la bacchetta di Francesco Lanzillotta. Milanese Bisanti, romano Lanzillotta. La guerra, le lotte tra popoli ftaelli al centro di due partiture «ancora oggi attualissime» come raccontano Bisanti e Lanzillotta in questa intervista doppia.

Ci racconta il suo approccio al Verdi che quest’anno dirige a Parma?

Bisanti «Il mio approccio a Nabucco è molto rispettoso della partitura, cerco di armonizzare il più possibile le dinamiche e i tempi musicali in relazione all’esecuzione in forma di concerto. La mancanza dell’elemento scenico può essere un limite in una produzione operistica che è stata create per il teatro e non per una mera esecuzione musicale. Vorrei allora cercare di trasformare questo limite in una risorsa; sottolineare preziosità musicali da far cogliere allo spettatore che magari non si percepiscono nelle altre occasioni perché “distratti” da ciò che avviene sul palcoscenico. È una bella sfida e mi entusiasma moltissimo cercare di tirare fuori dei dettagli così che una persona che ha sentito cento volte quest’opera possa dire: “A questo passaggio o a quel suono non avevo mai fatto caso”. Ci tengo poi moltissimo a non dimenticare mai che stiamo parlando, nel caso della produzione del “primo Verdi”, di uno stile che potremmo definire “tardo belcanto” ossia una musica ed una scrittura vocale che sono ancora saldamente ancorate alla storia compositiva nella primo trentennio dell’Ottocento Ci sono moltissime pagine dell’opera in cui sono fortissimi i richiami a Donizetti, a Bellini ed in alcuni casi perfino al Rossini drammatico. E questa “eredità” così fortemente sentita dallo stesso Verdi mi fa sempre piacere evidenziarla».

Lanzillotta «Quella de I Lombardi alla prima Crociata è una partitura molto complessa che richiede non uno, ma diversi piani di lettura. C’è un aspetto evidentemente maestoso e brillante, estremamente  estroverso  che deve mantenere la sua spontaneità senza però scadere in mero sfoggio di forza. Al contempo il lato più raccolto, intimo e introverso, pensiamo alle prime note del preludio, deve essere accarezzato con delicatezza. Episodi cameristici raccontano eventi drammatici, come i contrabbassi e la gran cassa narrano il dramma che vive Pagano. Una partitura  caleidoscopica di grande fascino».

Quale attualità in una partitura scritta quasi un secolo e mezzo fa? E quale in generale l’attualità di un autore come Verdi?

Bisanti «Purtroppo in questa partitura, come in altre della produzione verdiana, il tema della ricerca della libertà da parte di un popolo è tristemente attuale. Viviamo una guerra terribile nel cuore dell’Europa; assistiamo, ormai di continuo, a colpi di stato nella vicina Africa, siamo vicini ad accordi internazionali tra Paesi in cui la democrazia è inesistente o è una parola priva di un reale significato. Noi europei, ed in particolare noi italiani, purtroppo sembriamo avere una memoria troppo corta. La democrazia in cui viviamo e la libertà di cui godiamo sono state frutto di bataglie, di sacrifici, di lotte di intere generazioni. Non solo non dovremmo dimenticarcene, ma, cosa ancora più importante, non dovremmo mai darle per scontato! Ecco che allora una musica come quella di Verdi può muovere le nostre coscienze. Può farci riflettere ancora oggi, in modo potente, sul significato profondo delle parole libertà, rispetto, democrazia, pace. Perché non siano parole vuote, ma dense di significato. In questo senso Verdi, ancora oggi, può esserci indispensabile e può servire a svegliare coscienze e memorie che forse il tempo ha assopito».

Lanzillotta «Come sempre accade con le partiture verdiane le tematiche sono facilmente riscontrabili nei giorni nostri. L’ammonimento di Giselda a non usare dio per intraprendere una guerra è un elemento estremamente attuale. Verdi rimarrà un autore attuale perché crea un teatro civile, un teatro in cui si discute di tematiche sociali, politiche, religiose». 

Chi sono i personaggi che Verdi mette in scena in quest’opera? Quali i sentimenti che ce li rendono vicini?

Bisanti «Nabucco è importante da questo punto di vista anche per le tipologie vocali che vengono utilizzate. Troviamo, nel protagonista, la prima grande figura di baritono verdiano della produzione del compositore di Busseto. L’utilizzo di grandi arcate di suono, frasi lunghe che devono essere sostenute da un controllo del fiato perfetto, l’utilizzo di un’estensione vocale ampia e uno strumento vocale di volume e/o proiezione imponenti sono le peculiarità che un baritono dovrebbe possedere nel suo bagaglio tecnico. Oltre a questo serve la capacità di sfruttare al meglio la dizione del testo per essere quanto più fedeli possibile al concetto di “parola cantata” tanto caro al belcanto e che in Verdi assume rilievo fondamentale per una espressività mai fine a sé stessa. Abigaille poi è la prima di una lunga serie di soprani drammatici di agilità che in Verdi trovano la loro massima espressione in termini di difficoltà richieste all’interprete. Frasi ampie, agilità difficoltose, salti di ottave, volume importante, sono tutte caratteristiche che accomuneranno Odabella, Lady Macbeth, Lucrezia Contarini, Elvira, Amalia, Gulnara e numerose altre… C’è poi il secondo approccio, dopo Oberto conte di San Bonifacio, ad una figura ieratica ed imponente di basso che in Zaccaria trova il paradigma di tutto ciò che nel belcanto c’era stato (penso a Raimondo di Lucia di Lammermoor, ma anche al Mosè rossiniano) e anticipa l’utilizzo che Verdi farà di questa particolare vocalità maschile fino a sviluppare la figura di Filippo II nel Don Carlo, vertice assoluto per tutti i cantanti della corda di basso».

Lanzillotta «Sono personaggi che vivono sentimenti molto contrastanti. Ognuno di loro è mosso dall’amore, dall’odio, dal sospetto. Certamente elementi presenti nell’essere umano che ne definiscono la sua complessità».

Nelle foto @Roberto Ricci Giampaolo Bisanti

C’è un personaggio dell’opera al quale si sente particolarmente vicino? Perché? E c’è qualche personaggio dal quale si sente particolarmente distante?

Bisanti «In realtà, può sembrare strano, ma il “ruolo” che amo di più nel Nabucco è quello del coro! Credo che una caratteristica importante di quest’opera sia l’utilizzo che Verdi ne fa. Fino a quel momento, nella produzione ottocentesca di Rossini, Bellini e Donizetti, il coro aveva una funzione un pochino più di “contorno” all’azione ed alle dinamiche musicali. Con Nabucco, e con tutta la produzione successiva, Verdi lo rende protagonista. Un vero e proprio “personaggio”, un vero e proprio elemento dell’azione sia scenica che musicale. Diventa insomma il centro di gravità musicale dell’intera opera. Non è un caso, credo, che alcune delle pagine più belle e celebri dell’intera produzione verdiana siano cantate da un coro. Ho la sensazione che Verdi desiderasse intenderlo proprio come una sorta di “coinvolgimento popolare”, un modo per mettere al centro la gente “comune” e non solo i protagonisti più nobili e “altolocati” delle sue trame. Il celebre Va pensiero credo sia frutto dell’intuizione straordinaria di Verdi che capì che per sostenere le proprie idee e le proprie convinzioni non fosse necessario gridarle. Piuttosto era più efficace che questi pensieri fossero sussurrati e fluissero, attraverso la voce delle donne e degli uomini, ai cuori di tutti gli ascoltatori. È un modo geniale e meraviglioso, efficacissimo e potente, di “sfiorare” direttamente la parte più profonda di ognuno di noi. Non ho invece particolari “antipatie” o distanze sugli atri ruoli, ma devo ammettere che la crudele ambizione di Abigaille, una sorta di Lady Macbeth in embrione, mi crea sempre un certo disagio. Nella mia vita sono stato sempre molto ambizioso, sarebbe sciocco negarlo con il mestiere che faccio, ma non ho mai preteso o cercato la prevaricazione o l’ottenimento di un risultato professionale a discapito di altri. Quindi è proprio un atteggiamento che mi è estraneo, quasi ostile. Ma proprio per questo, forse, lo vedo molto affascinante. Dovrebbe sempre incuriosirci ciò che è differente da noi; mai spaventarci!».

Lanzillotta «Arvino rappresenta l’amore per la famiglia, la fedeltà alla patria e la capacità di perdono. Personaggio estremamente affascinante. Difficile dire un personaggio dal quale mi sento distante, perché ognuno cambia e si trasforma nel corso dell’opera».

Quale la “novità” musicale di questo titolo?

Bisanti «Dal punto di vista strettamente della forma musicale ci troviamo di fronte ad un “Donizetti più maturo”; le forme chiuse delle scene non vengono ancora abbandonate, ma nella gestione tipica di recitativo-aria-cabaletta c’è un humus musicale diverso, più “scattante”, più rapido, meno melenso, più vibrante. Ci sono, insomma, i germogli di ciò che arriverà con la Trilogia popolare, in particolare Rigoletto, e tutta la produzione successiva. Vi è una peculiare tinta musicale che definirei tagliente, quasi brutale nella sua forza. L’idea di portare in scena i tumultuosi eventi trattati nel libretto, evidentemente, mosse in Verdi le corde più “risorgimentali” della sua personalità e creò una musica di forza selvaggia, travolgente e quasi “barbarica”».

Lanzillotta «È evidente che Verdi non si adagia sul successo di Nabucco, ma cerca una forma diversa, una struttura più complessa. Il coro assume quindi un ruolo determinante. Non è un caso che per il grand-opéra Jerusalem sia ripresa proprio la partitura de I Lombardi alla prima Crociata. Aggiungiamo un’orchestrazione in alcuni punti raffinata, complessa, che ricerca nuove sonorità».

Quale l’opera verdiana che sente più vicina? Perché? Quale, invece, quella che le piacerebbe interpretare e non ha ancora diretto?

Bisanti «Scegliere una sola opera “preferita” della produzione verdiana è molto difficile. Posso dire che quando Verdi incontra un altro genio assoluto della storia del teatro come William Shakespeare si raggiunge il culmine assoluto di quella indagine sullo spirito e sull’essenza dell’essere umano che dovrebbe essere il fine ultimo del teatro musicale e di un’opera d’arte. Amo troppo l’ispezione e l’angolatura che Verdi, con il potente ausilio di Piave e Boito, riesce a creare con la musica cercando di “leggere” in profondità i personaggi universali creati da Shakespeare. Si raggiungono vette di vera arte in musica. Tra le opere che non ho affrontato ancora devo ammettere che attendo con grande desiderio il Don Carlo. È un monumento musicale straordinario. Un affresco in musica di un ventaglio ampio e sfaccettato che tratta di come diverse forme di potere, da quello politico a quello religioso e dei sentimenti, impattano sulla vita degli uomini».

Lanzillotta «Anche questa è una domanda alla quale non posso rispondere con un solo titolo. Ne scelgo due fra quelle che ho diretto. Aida mi affascina moltissimo per la complessità del tessuto musicale, Rigoletto per come Verdi lavora e scava nella psicologia dei protagonisti. Cosa mi piacerebbe dirigere? Sicuramente Falstaff».

Nelle foto @Manuela Giusto e @Fabrizio Sansoni Francesco Lanzillotta

Chi è Verdi, per lei, artista e uomo del 2023?

Bisanti «Non saprei davvero come riassumere cosa significa per me Giuseppe Verdi. È presente nella mia vita da che ho memoria. Mi ha accompagnato nei miei studi, nella mia professione, nei miei rapporti personali, la sua musica mi è stata di conforto in alcuni momenti difficili e molto dolorosi della mia vita, mi ha consentito di affrontare questo difficile percorso di musicista, mi ha aiutato a far apprezzare il mio lavoro, mi ha dato gioia. L’unica cosa che potrei esprimere nei confronti di questa immensa figura è gratitudine! Giuseppe Verdi è un patrimonio inestimabile.  Non dovrebbe essere così solo per me. Dovrebbe, e spero sia così, essere un sentimento comune a tutti gli italiani. In questi mesi abbiamo vissuto la scandalosa situazione della messa in vendita della Villa di Sant’Agata e dei terreni circostanti per mere e “banali” questioni patrimoniali e familiari. Ecco, uno Stato che ha a cuore la propria storia, la propria memoria, la propria formazione culturale, non dovrebbe permettere una cosa del genere. Non è rispettoso del lascito che ci ha donato questo immenso compositore. Un lascito non solo musicale. Lui ha segnato la nostra storia di cittadini prima ancora che di fruitori della sua musica. Il senso civico dovrebbe imporci di tutelarne e rispettarne la memoria».

Lanzillotta «È un compositore estremamente complesso se lo si studia veramente. Un compositore che riesce ad avere diversi piani di lettura allo stesso tempo, proprio per questo può essere decodificato sia da chi ha una base musicale solida, sia di chi è un neofita. Un uomo si teatro musicale che affronta tematiche complesse, lavorando su un teatro civile che consente una forte dialettica».

Ci sarà ancora Verdi nei suoi programmi?

Bisanti «Si, per fortuna! E aggiungo con grande gioia! Tanto, tantissimo Verdi, da Otello a Vienna a Nabucco a Berlino e nuovamente a Vienna, al Trovatore di Amburgo arrivando a fine stagione con Traviata all’Opera Royal de Wallonie di Liegi».

Lanzillotta «Non potrebbe essere altrimenti».