Callas100, la Divina si racconta nell’ABC di Maria

Maria Callas raccontata attraverso le sue frasi celebri nell’alfabeto che ripercorre vita e carriera della cantante

Cento anni fa, era il 2 dicembre 1923, a New York nasceva Maria Callas. Kalogheropoulou, di cognome, perché le sue radici affondano in Grecia. Unica. Rivoluzionaria. Un’artista che ha cambiato per sempre il mondo della lirica per il suo canto vero, vivo, capace di palpitare e di far vivere, in carne e sangue, le donne che i compositori di tutti i tempi hanno messo in musica, Violetta e Norma, Medea e Tosca. Un nome, caso unico, che uscito dai confini della musica ed entrato nella società: il dimagrimento proverbiale, i vestiti alla moda disegnati per lei da Biki, i fotografi che non le davano tregua. Anche troppo – basta vedere come spesso oggi la si ricorda, solo per il suo rapporto con l’armatore greco Onassis che poi la abbandonò per sposare Jacqueline Kennedy (e Maria lo scoprì dai giornali, iniziando a morire, anche se gli occhi li chiuse a Parigi il 16 settembre 1977). Ma la Callas è stata, meglio, è un’Artista unica. La Voce per eccellenza del Novecento. E allora, per ricordarla, è bene mettersi in ascolto di quella voce. Quella che i dischi ci consegnano, memoria indelebile di un’arte che era, però, imprescindibilmente scenica, impastata di gesto e musica. Ma anche la sua voce di donna. Che ci racconta, attraverso frasi diventate storia, chi era, chi è Maria Callas. Eccole. In un ideale alfabeto callasiano.

A come Arie Le arie vanno eseguite come se fossero un unico grande respiro per cercare di coinvolgere il pubblico. La ricompensa più grande per un cantante è accorgersi di riuscire a stregare gli ascoltatori: quando senti che il pubblico trattiene il respiro mentre tu canti un’aria è una sensazione unica.

B come Belcanto Il belcanto è una camicia di forza che occorre indossare, che lo si voglia o no. È la base di tutto: se non ti confronti con esso, se non lo pratichi non puoi cantare nessuna opera, nemmeno la più moderna.

C come Carriera Credo che la carriera di un cantante lirico sia essenzialmente basata sulla giovinezza: la saggezza arriva dopo.

D come Donna Purtroppo non sono che una donna con le sue debolezze. Dico purtroppo perché nel mio lavoro non si possono avere debolezze, dubbi. E io ho sempre molti dubbi, ho sempre paura di non rendere giustizia a me stessa. Per questo ho bisogno del calore della gente: essere amata non mi fa sentire sola.

E come Euripide Medea di Euripide è un personaggio che è nel mio destino di artista. Ho accettato il film di Pasolini perché il cinema con la possibilità del primo piano mi ha sempre affascinato. Sono contraria all’opera filmata, ma mi voglio provare come attrice.

F come Fischi Ho colleghi che pagano per farmi fischiare: è successo per sei anni alla Scala, ma non ho mai abbandonato il palcoscenico. E non mi sarei mai ritirata dopo un fiasco: si lascia sempre all’apice.

G come Giornali I rotocalchi se non hanno lo scandalo non sono contenti: di me si parla perché c’è curiosità intorno alla mia vita, ma tante cose dette e scritte non sono vere.

I come Insegnamento Tullio Serafin mi ha insegnato che bisogna servire la musica, sempre. Per questo in teatro ho sempre cercato di fare molto con poco, con piccoli gesti, con movimenti sempre nel rispetto della partitura perché in scena è la musica a dettar legge.

L come Lotta Sono abituata a lottare, anche se non mi piace. Ma se non avessi la voce, la mia difesa, non lotterei.

M come Miopia Sono sempre andata a tutte le prove, sin dalle letture dell’orchestra: ne ho bisogno perché essendo miope non vedo il direttore per gli attacchi.

N come Norma Casta diva è un punto cruciale, difficile perché arriva subito dopo recitativi potenti: Bellini chiede al soprano di mantenersi in una linea di canto calma, tranquilla, rassicurante. E questo è solo l’inizio dell’opera.

O come Orario Il lavoro di un cantante non ha orario. Dopo le prove, nella notte, inizia il mio lavoro personale, quello della creazione del personaggio: rivedo quello che ho fatto per preparare il lavoro dell’indomani.

P come Personaggio Ho lavorato ad ogni ruolo con tanto amore. E ogni ruolo è servito a preparare il successivo: nulla è stato inutile. Ogni personaggio che ho portato in palcoscenico ha mostrato al pubblico qualcosa di me come donna e come cantante.

Q come Quantità  Ho cantato una grande quantità di cose. Ma quando sento quello che ho fatto stento a credere di aver fatto tanto. Ho ricevuto tanto e per questo ho dato tanto. E quando mi sono ritirata l’ho fatto perché non ero più in grado di dare quello a cui avevo abituato il pubblico, non ero più la Callas di un tempo.

R come Repertorio Il repertorio nel quale mi sento più a mio agio è quello di Rossini, Donizetti e Bellini.

S come Scala Alla Scala sono arrivata con un grande bagaglio di esperienze e con la spina dorsale già fatta. Un teatro difficile, ma del quale conservo molti cari ricordi come il lavoro in equipe, anche per venti ore al giorno.

T come Traviata Il cuore del personaggio, la chiave interpretativa sta nel secondo atto, nel duetto con Germont. Verdi regala a Violetta una pagina sublime. Dite alla giovine, sì bella e pura: io prima di quel «pura» ho sempre fatto una pausa perché anche una donna come Violetta, purificata dal dolore e dalla sofferenza ha una sorta di timore nel pronunciare quella parola.

U come Ultima Ero sempre l’ultima ad andar via dal Conservatorio: ascoltavo tutti, anche i tenori e i bassi. Entravo in aula al mattino e uscivo a sera tardi.

V come Vespri siciliani Mi hanno spesso offerto di mettere in scena un’opera, ma ho sempre rifiutato: ho detto di sì al Regio di Torino nel 1973 per I vespri siciliani perché mi sono sentita matura e perché l’inaugurazione di un nuovo teatro è sempre un evento da festeggiare.

Z come Zolfo Non sono un angelo e non pretendo di esserlo. Non è uno dei miei ruoli. Ma non sono nemmeno il diavolo che profuma di zolfo. Sono una donna e una seria artista e gradirei essere giudicata per quello.

Nella foto @Teatro alla Scala Maria Callas in Traviata