Noi, le donne di Verdi che amano e lottano

Lidia Fridman, Francesca Dotto e Marta Torbidoni raccontano le eroine che interpretano al Festival Verdi protagoniste di Lombardi, Trovatore e Nabucco

Donne forti Giselda, Leonora e Abigaille. Donne forti che amano e che lottano. Pere affermare loro stesse, il loro amore. In alcuni casi il potere e in altri per gridare. Un grido di pace, attuale più che mai. Quello di Giselda che ne I lombardi alla prima Crociata mette in guardia chi si fa la guerra che non si può in nome di dio – e oggi la declinazione non è solo quella legata alla fede, ma il dio è il dio denaro, il dio egoismo, il dio sete di potere – coprire di sangue la terra. Lo stesso grido di Papa Francesco che ogni giorno lancia. Come Giselda. Come Leonora del Trovatore che vorrebbe mettere pace tra due fratelli (anche se non lo si saprà, che sono fratelli, sino alla fine della storia), Manrico e il Conte di Luna. E come Abigaille che, dopo aver messo in atto trame di potere per ottenere il «trono aurato» salendo su uno «sgabello insanguinato» chiede pace per la sua anima, per il suo popolo e per la sua terra.

Donne forti, protagonisti dell’edizione 2023 del Festival Verdi di Parma che si apre il 21 settembre e prosegue sino al 16 ottobre tra il Regio di Parma, il Teatro Verdi di Busseto e il Gerolamo Magnani di Fidenza. Donne a cui danno voce e corpo tre soprano, cantanti verdiane, di casa in Italia e nei più importanti teatri europei, Lidia Fridman, Francesca Dotto e Marta Toribidoni. I lombardi alla prima Crociata con la bacchetta di Francesco Lanzillotta e la regia di Pier Luigi Pizzi per Lidia Fridman, nata a Samara in Russia e rivelatasi giovanissima con una rarità, l’Ecuba di Manfroce al Festival della Valle d’Itria di Martina Franca. Il trovatore diretto da Francesco Ivan Ciampa con la regia (che ambienta le vicende in un circo) di Davide Livermore per Francesca Dotto, nata a Treviso, già Luisa Miller a Parma. Nabucco, in forma di concerto, diretto al teatro Gerolamo Magnani di Fidenza da Giampaolo Bisanti, per Marta Torbidoni, marchigiana di Montemarciano, allieva di Mariella Devia, finalmente a Parma, dopo i tanti successi verdiani raccolti in Germania.

Lidia Fridman, Francesca Dotto e Marta Torbidoni

Ecco un intervista tripla, dove le tre interpreti ci raccontano il loro Verdi e si raccontano, donne e artiste del 2023.

Ci racconta il suo personaggio?

Fridman «Giselda de I lombardi alla prima Crociata è una giovane coraggiosa, una guerriera, una fonte di luce che non esita a illuminare anche le situazioni più oscure. Nella regia di Pier Luigi Pizzi, Giselda ha il ruolo di aprire e chiudere lo spettacolo, come se fosse una figura estranea all’opera, simbolo di pace, libertà e musica. Il suo carattere emerge in modo preminente nel grande finale del II atto, durante la cabaletta “No! No! giusta causa non è d’Iddio la terra spargere di sangue umano”, che offre un messaggio cruciale di pace. Giselda si oppone alla violenza e promuove la pace attraverso il suo amore e la sua devozione. Il suo desiderio è di vedere un mondo in cui il conflitto e il versamento di sangue possano essere evitati in nome della giustizia e della compassione».

Dotto «Leonora de Il trovatore è la classica eroina romantica. Una ragazza giovane, contesa da due uomini, innamorata solamente di uno di loro, al quale è fedele e devota fino alla fine, tanto da sacrificare la sua vita per lui. Essendo Leonora eroina verdiana, non risponde solo ai canoni romantici: il suo ritratto che ci viene offerto dal compositore è quello di una donna dolce sì, ma anche molto forte e risoluta. Si possono scorgere questi tratti sia nel libretto, ma soprattutto nella musica, mai di una bellezza fine a se stessa, ma sempre volta a tratteggiare il temperamento del personaggio».

Torbidoni «Abigaille del Nabucco è una schiava ambiziosa che ha creduto di essere la figlia del re, una figliastra. Se la realtà fosse come Abigaille desidererebbe, sarebbe la sorella di Fenena. Ma non lo è, è figlia di schiavi. Per questo è cattivissima e desidera il riscatto mediante il potere: una brama così smisurata da ritenersi in grado di succedere al re. Ama Ismaele, l’uomo ebreo amato da Fenena, il quale non la ama affatto. Da qui deriva l’odio per gli ebrei e per il loro dio, nel quale dice di credere, proclamandosi ebrea, anche la presunta sorella. Abigaille sarà sconfitta e morirà, chiedendo perdono a tutti».

Quale attualità in una partitura scritta un secolo e mezzo fa? E quale in generale l’attualità di un autore come Verdi? 

Fridman «Penso che l’attualità di autori come Verdi si fondi sulla loro straordinaria capacità di comunicare In ogni tempo emozioni attraverso la musica e di sollevare questioni essenziali riguardanti la società e la natura umana».

Dotto «La musica del Trovatore, come d’altra parte tutta quella di Verdi, è infiammata. È questa la sua attualità. Trovo che la sua musica sia così aderente al testo che anche se una persona non comprende perfettamente il libretto riesce ugualmente a capire le emozioni che vengono rappresentate. Ed è questa la sua forza. Nelle dinamiche utilizzate, nelle pause, negli smorzati, nelle improvvise vampate di suono. Un’anima che si mette all’ascolto di questa musica ne viene per forza coinvolta e sconvolta. È una musica penetrante per chi la riceve perché è una musica molto diretta, che sa essere come un urlo interno e al contempo come una dolce carezza. Racconta sentimenti che noi tutti proviamo ogni giorno».

Torbidoni «Sicuramente il rapporto con il passato, l’aspetto stilistico originale, le opere testimoniali. Al centro troviamo una drammaturgia fondata su personaggi reali calati – come protagonisti o vittime –  nella storia e in lotta per modificarla. La parola scenica è componente essenziale di questa “rivoluzione”, la parola che scolpisce, una parola che incide nell’anima e costruisce l’identità del personaggio. La realtà, anche quella drammatica, è fatta di scelte, decisioni, azioni. A Verdi di un testo teatrale interessano gli ideali profondi, i motori del comportamento umano. Ogni vicenda comporta il riferimento a un contesto storico e umano, a un clima sociale, a una dimensione pubblica». 

L’opera per essere viva deve raccontarci qualcosa di noi: quale l’attualità (in positivo o in negativo) del personaggio che interpreta? 

Fridman «Argomenti come l’amore, il potere, la giustizia, la guerra e la morte conservano una risonanza profonda nella società odierna, poiché riflettono le sfide e le emozioni che ognuno di noi affronta durante il corso della vita. E alla fine, ci rendiamo conto di porci le stesse domande dei personaggi verdiani…».

Dotto «L’opera, tutta, racconta temi d’attualità perché parla di uomini e gli uomini da sempre, in ogni parte del mondo, hanno le stesse necessità, gli stessi semplici gesti, le stesse abitudini, gli stessi bisogni. Primo fra tutti l’amore. E l’amore visto da diverse angolazioni è sempre attuale e le dinamiche sono simili. Una volta come oggi. Per quanto riguarda Leonora in particolare, una donna che cerca di imporre il suo pensiero, che cerca di esprimere i suoi bisogni e le sue preferenze in una società prevalentemente guidata da uomini (sia in ambito familiare che lavorativo) credo sia materiale più che sufficiente per poter parlare di attualità. Se a questo aggiungiamo poi la mercificazione del corpo per ottenere uno scopo ben preciso, purtroppo, ancora di più.
E non posso non citare la frase di Manrico rivolta a Leonora “Era già figlio prima d’amarti… non può frenarmi il tuo martir! Madre infelice, corro a salvarti, o teco almeno corro a morir!” che potrebbe essere tranquillamente detta oggigiorno. Perfetto topos di figura di maschio mediterraneo attaccato alla madre, che pianta la donna che, in nome del loro amore, aveva già una volta sacrificato la sua libertà».

Torbidoni «Sicuramente il dramma di Abigaille sta tutto nell’impossibile ricerca del padre. E questo è un altro aspetto di un tema, quello del rapporto tra padri e figli, che costituisce una delle ossessioni del melodramma verdiano. Poi sicuramente l’amore quasi ossessivo per Ismaele e la brama di potere che la rendono cattiva nei confronti con gli altri personaggi ce le rendono davvero vicina».

Lidia Fridman ne I lombradi alla prima Crociata al Festival Verdi di Parma @Roberto Ricci

Quali i sentimenti che come donna la accomunano e quali quelli che la distanziano dal personaggio che porta in scena? 

Fridman «Come donna, posso sicuramente comprendere e condividere le emozioni che sperimenta Giselda. Lei è profondamente innamorata di Oronte e il suo amore per lui la guida attraverso molte sfide. Inoltre, deve poi affrontare la perdita del suo amato e di sua madre, Viclinda. Penso che il dolore per la perdita di persone care siano esperienze umane che toccano profondamente il cuore di chiunque. Oltretutto, Giselda dimostra un notevole coraggio nel suo impegno per la fede e la giustizia che può essere condiviso da donne in tutto il mondo che lottano per migliorare le loro condizioni. Quello che può creare distanza da lei, invece, è riconoscere che parliamo del contesto storico e culturale completamente diverso da quello di oggi. Ma in ogni modo, che cosa può essere più attuale oggi di un messaggio di pace?».

Dotto  «Cantare questa musica e portare in scena queste eroine ha sicuramente contribuito negli anni ad infondermi il coraggio di definirmi come donna. Non che non sapessi cosa volevo, ma interpretare vari personaggi, dando ogni volta dei tagli diversi, enfatizzando alcuni aspetti del carattere piuttosto che altri, mi ha aiutato a capire cosa fa per me e cosa no. Su cosa sono disposta a cedere e su cosa no. Su chi sono. È come guardarsi allo specchio e cercare di capire ogni volta se in quel modo mi piaccio o no. Nel caso di Leonora sicuramente mi avvicino a lei per determinazione e per la sua capacità di amare incondizionatamente nonostante le difficoltà. Quello che mi allontana è la mancanza che talvolta lei ha di amor proprio. E non mi riferisco al sacrificio per amore in sé.
Ma a quando Manrico la offende e lei è sempre protesa verso di lui. Sempre sensibile nei suoi confronti anche quando lui diventa egoista. Nella vita reale per me il requisito fondamentale di un rapporto è il rispetto reciproco. Se questo viene a mancare e la situazione si reitera in più occasioni, io me ne vado. E questo mio aspetto l’ho portato in questo spettacolo. Alla famosa frase di Manrico io me ne vado con molto risentimento e gli dimostro che sono ferita per quello che mi dice. Stessa cosa nel finale quando lui non capisce cosa sta succedendo e pensa al suo orgoglio ferito senza accorgersi che sto morendo».

Torbidoni «Sicuramente mi accomuna l’amore, l’essere una donna innamorata, l’amore non corrisposto che nella vita può capitare. Mi distanziano invece l’eccessiva brama di potere, la cattiveria e il plagio quasi psicologica che attua nei confronti degli altri personaggi».

Chi è Verdi, invece, per lei, donna e cantante del 2023?

Fridman «Giuseppe Verdi è una figura che ammiro profondamente e per me è un mentore, un maestro e un’ispirazione continua nella mia crescita personale e nel mio percorso come cantante. Mi insegna l’arte dell’espressione, la capacità di trasmettere emozioni attraverso la voce e di connettermi con il pubblico in modo autentico».

Dotto «Verdi è il compositore che ad oggi ho cantato di più in assoluto e quello anche grazie al quale mi sono formata come artista e come donna. Credo che parte della risposta sia racchiusa in quelle precedenti. Lo sento molto affine a me proprio per questa sua capacità di essere diretto e mai superficiale, rigoroso e profondo nella sua apparente semplicità. Non fa sconti, ma se ti avvicini a lui con verità ti spalanca il suo mondo. Credo che sia uno di quegli uomini di cui abbiamo profondamente bisogno al giorno d’oggi e di cui, ahimè, siamo carenti».

Torbidoni «Consideri che ho già debuttato sette titoli verdiani quindi direi che è una parte fondamentale della mia carriera. Adoro Verdi e per me è un privilegio poter interpretare le sue opere».

Come concilia, da donna, famiglia e carriera?

Fridman «Penso che la conciliazione tra famiglia e carriera è un percorso personale ma assolutamente fattibile e gratificante».

Dotto «Con amore, rigore e disciplina, mettendo passione in entrambe le cose, ma tenendole separate. Non è facile e sicuramente è una scelta che richiede costanza e voglia di provarci giorno dopo giorno, cercando di metterci tutte le energie possibili per far funzionare questo e quello. Il lavoro che ho scelto, pur amandolo molto, richiede grandi sacrifici. Spesso si perdono momenti importanti della vita familiare perché si è costretti lontano da casa, si perde la quotidianità. Però cerco di esserci facendo sentire la mia presenza. Almeno tanto quanto da casa mi fanno sentire supportata nella carriera. E la tecnologia di oggi sicuramente aiuta».

Torbidoni «Non è facile conciliare tutto, ma cerco di godermi il più possibile i momenti in cui posso stare con i miei cari e con i miei amici. Non ho ancora figli quindi per ora è più semplice, in futuro si vedrà cosa succederà. Ho molte colleghe che conciliano le due cose quindi credo che non sia impossibile».

Francesca Dotto ne Il trovatore al Festival Verdi di Parma @Roberto Ricci

Gli abusi, la violenza sulle donne sono una notizia che la cronaca ci racconta purtroppo pressoché quotidianamente. E questo tristemente torna anche nel mondo musicale. Quale la sua riflessione?

Fridman «Bisogna riconoscere che la violenza e gli abusi non devono avere cittadinanza in nessun ambito della società, compreso il mondo della musica. La violenza è inaccettabile ovunque ed è responsabilità di ciascuno di noi, sia nel mondo dell’arte che al di fuori di esso, lavorare insieme per creare un ambiente sicuro e rispettoso e promuovere una cultura di rispetto».

Dotto «Trovo che proprio alla musica e al teatro in generale spetti la funzione di mostrare cosa davvero vale la pena nella vita. E noi che facciamo questo di mestiere abbiamo un compito importante in questo senso: mostrare cosa è giusto e cosa è orrore, mettendo in scena tutto questo, esasperando i sentimenti umani, le perversioni, le malattie o la bellezza. Questo è un compito a cui non si può pensare con leggerezza. L’arte comunicando con un linguaggio altro e alto ha la capacità di restituirci qualcosa in cui sperare. Per questo è importante che noi artisti sensibilizziamo il pubblico alla bellezza, in tutti i sensi, a partire da come ci comportiamo con gli altri. Andando su un ambito personale posso dire che il mio modo di comportarmi è conseguente a questo: sono per segnalare qualsiasi cosa di inappropriato succeda. Lo farei parlandone con colleghi o con chi dovrebbe sovrintendere. E se dovesse mai succedere qualcosa, con la naturalezza con cui faccio qualsiasi cosa nella mia vita farei capire prima al/alla diretto/a interessato/a cosa mi va bene e cosa no e poi dovessero esserci altri episodi metterei in guardia altre donne o uomini che potrebbero subire atteggiamenti poco consoni o vedrei che altri provvedimenti prendere. Io sono per parlare, sempre, di qualsiasi cosa».

Torbidoni «Purtroppo questo è un tema che ricorre ormai troppo spesso. La violenza contro le donne è un grave problema in Italia, come in molti altri paesi nel mondo. Le donne sono spesso vittime di violenza fisica, sessuale e psicologica, che può avere conseguenze devastanti per la loro vita e il loro benessere. Ascoltando i loro racconti personali, le loro esperienze, ti senti un brivido addosso, una sensazione di angoscia. La violenza in qualsiasi forma, fisica, psicologica, non dovrebbe proprio esserci. L’amore riempie il cuore e rende felici… non dovrebbe opprimere e soprattutto lasciare lividi sul corpo».

Ci sarà ancora Verdi nei suoi programmi?

Fridman «Fortunatamente i prossimi mesi per me saranno completamente immersi nel mondo di Verdi. Dopo il debutto a Parma, canterò la mia prima Abigaille in Nabucco presso il Teatro Alighieri di Ravenna, dove avrò l’onore di essere diretta da Riccardo Muti. Successivamente, sempre con Muti, mi calerò nel ruolo di Amelia in Un ballo in maschera al Teatro Regio di Torino. Questi prossimi impegni rappresentano una straordinaria opportunità di crescita e sfida artistica. Sarà un percorso sicuramente ricco di scoperte».

Dotto «Certamente, debutterò Il ruolo di Desdesmona nell’Otello a dicembre a Piacenza è poi si vedrà…».

Torbidoni «Ovvio che si! L’anno prossimo sarò al Teatro Comunale di Bologna con Il trovatore poi debutterò  Un ballo in maschera a Marsiglia e poi avrò ancora Nabucco. E poi chissà…».

Marta Torbidoni