Scala, con Mehta nel vortice di Stravinskij

Con la Filarmonica un’intensa Sagra della primavera insieme al Terzo di Beethoven con il piano di Buchbinder

Oggi che siamo abituati ad ascoltare regolarmente il Sacre, capolavoro indiscusso di Igor Stravinskij, forse facciamo fatica a immaginarci, certo a comprendere lo scandalo che la partitura suscitò alla prima del 1913 a Parigi: risate, risatine, chiacchiericcio, proteste, Saint-Saens che se ne va dalla sala… Tutti scandalizzati per la carica di novità dirompente, per la rivoluzione sonora che il compositore in quei trentacinque minuti di musica (scritta per il balletto di Nijinskij) buttava in faccia agli ascoltatori. Oggi la Sagra della primavera non fa più rumore. Non fa più scandalo. Partitura quasi rassicurante da mettere in programma come pezzo forte di un concerto sinfonico. Eppure capita ancora di ascoltarla e restarne se non scandalizzati, almeno turbati. Capita se sul podio – sul podio della Filarmonica della Scala – c’è Zubin Mehta. Ottantacinque anni, entrato nell’anno degli ottantasei – e l’annotazione anagrafica è d’obbligo per un musicista che dirige (ancora) incredibilmente senza partitura e non perde un attacco, sempre padrone della situazione. Capace in qualche modo, il direttore d’orchestra indiano, di farti riprovare sulla pelle il brivido, o almeno una parte del brivido, di quella sera di maggio del 1913.

Perché quando attacca la musica inizia un gorgoglio di note e sei subito tirato dentro in un magma di suoni, avvolto da un vortice sonoro sconquassante. Primordiale, come il racconto (che Mehta fa scorrere libero) della Sagra. Dove gli istinti deflagrano. Incredibile (scandaloso?) sentirlo raccontare in musica. E raccontarlo magnificamente da una Filarmonica trascinante, precisa, intensa (incredibile, ma sembra un’altra orchestra rispetto a quella che cinque giorni prima ha suonato, non proprio impeccabilmente, diretta ad Andris Nelsons – misteri della Filarmonica) in perfetta sintonia con le intenzioni di Mehta.

Ad ascoltarlo, in platea, anche Rudolf Buchbinder – il musicista austriaco è arrivato in corsa per sostituire Daniel Barenboim nel concerto del cartellone sinfonico della Filarmonica della Scala – dopo essere stato sul palco accanto a Mehta (in due fanno 160 anni, 85 il direttore indiano, 75 Buchbinder) per un intenso e sontuoso Concerto n.3 in do minore per pianoforte e orchestra di Ludwig van Beethoven. Un Beethoven di ampio respiro, dal suono bello, cristallino quello di Buchbinder che, acclamatissimo, ha regalato un altro Beethoven e una danzante e ironica fantasia sulle note (tanto Fledermaus) di Johann Strauss.

Nella foto @Silvia Lelli la Filarmonica diretta da Zubin Mehta con Rudolf Buchbinder