Frizza, vi presento la “generazione Donizetti”

Al via a Bergamo il festival dedicato al compositore di casa Parla il direttore musicale sul podio per Lucrezia Borgia L’inedito Ange de Nisida nel cantiere del teatro in restauro

Il campionato di calcio è fermo. Ferma anche la Champions league. Quindi l’interista Riccardo Frizza può dedicarsi a Gaetano Donizetti. «Ci penseremo il 23 con la partita di campionato con il Torino e poi il 27 per la sfida Champions con lo Slavia Praga». La prima occupazione di Frizza, certo, è quella di direttore d’orchestra, ma «l’Inter è una fede» racconta il musicista bresciano, direttore musicale del Donizetti opera festival (qui il programma completo) che si apre stasera, 14 novembre, con un Gala al Teatro Sociale in città alta: Frizza sul podio dell’Orchestra sinfonica nazionale della Rai, le voci di Carmela Remigio, Marta Torbidoni, Alessandro Corbelli, Konu Kim e Florian Sempey. «Un concerto popolare – dice Frizza – con pagine di Donizetti, ma anche di Rossini e Verdi, Auber e Thomas. Un appuntamento per la città di Bergamo da aprire a chi ci aiuta e agli amici del festival».

Una rassegna che negli ultimi anni ha cambiato fisionomia, un cantiere di idee e proposte che sta prendendo forma, proprio come il Teatro Donizetti, ancora in restauro, ma che quest’anno torna ad aprire le porte per far entrare il pubblico nel cantiere.

Da quando con Francesco Micheli abbiamo preso le redini del Donizetti opera stiamo cercando di portare avanti una linea ben precisa che vede la proposta delle opere del musicista in edizione critica. Dopo alcune rarità quest’anno presentiamo un titolo popolare e del repertorio come Lucrezia Borgia, atteso tanto che i biglietti per le tre recite sono andati esauriti in tre giorni. Prosegue il Progetto 200 che prevede l’esecuzione del titolo che festeggia i duecento anni dal debutto: quest’anno tocca a Pietro il Grande che proponiamo con l’orchestra Gli originali, un ensemble che ho voluto insieme a Enrico Casazza per proporre le partiture di Donizetti su strumenti originali dell’epoca. E poi c’è L’Ange de Nisida che sarà rappresentata per la prima volta in assoluto in forma scenica: il musicista bergamasco l’aveva scritta nel 1839 per il Théâtre de la Renaissance di Parigi che aveva però chiuso i battenti per difficoltà finanziarie prima di mandarla in scena. Partitura messa in un cassetto e materiale riutilizzato per La favorite. Ora è stata ritrovata grazie al lavoro della musicologa Candida Mantica, eseguita in forma di concerto a Londra e approda per la prima volta in palcoscenico a Bergamo.

In scena da sabato 16 novembre nel cantiere del Teatro Donizetti, appunto.

Francesco Micheli, che firma la regia, ha collocato l’azione in platea con il pubblico nei palchi e su una tribuna costruita sul palcoscenico. Lo spettacolo inizia con dei fogli di carta sparsi per terra che sono quelli dell’opera che era smembrata in giro per il mondo e che è stata ritrovata e riassemblata. Uno spettacolo molto suggestivo e poetico dove nel teatro vuoto la musica suona come in una cattedrale. Una partitura di gusto francese, che ha momenti sublimi con pagine di profonda spiritualità con corali e inni dato che molte scene si svolgono in un convento. Ci sono soluzioni musicali molto belle, successioni di armonie spettacolari e una drammaturgia molto matura. Da qui Donizetti prenderà il materiale per La favorite, ma in alcuni punti Ange de Nisida è sicuramente superiore e più ispirata. Sarà una sorpresa per chi l’ascolterà. Jean-Luc Tingaud dirige l’orchestra Donizetti opera.

In cartellone, poi, Pietro il Grande, che debutta venerdì 15 novembre.

Un’opera giovanile, la seconda della sua carriera che Donizetti ha scritto quando aveva 22 anni, nel 1820. Il libretto è forse un po’ debole, ma ci sono aspetti musicali che poi saranno sviluppati dal compositore in futuro come ad esempio il bellissimo sestetto o la pagina per soprano e coro che rimanda al duetto tra Giannetta e le ragazze dell’Elisir d’amore. Sul podio dell’orchestra Gli originali ci sarà Rinaldo Alessandrini mentre la regia è affidata a Ondadurto Teatro di Marco Paciotti e Lorenzo Pasquali.

Il 22 novembre toccherà a lei con Lucrezia Borgia.

C’è un cast è formidabile con Carmela Remigio, artista in residenza del festival, che debutta il ruolo di Lucrezia. Gennaro è Xabier Anduaga, la rossiniana Varduhi Abrahamyan veste i panni di Maffio Orsini mentre Marko Mimica è Don Alfonso. In buca l’Orchestra giovanile Luigi Cherubini mentre lo spettacolo è firmato da Andrea Bernard: uno spettacolo rigoroso nella drammaturgia, ma molto moderno nell’impatto e nel disegno dei personaggi, una scena atemporale e cantanti in costumi d’epoca. Proponiamo la versione della Borgia approntata da Donizetti nel 1840 per Parigi (dopo la prima del 1833 alla Scala) con la reintroduzione, però, del duetto tra Lucrezia e Alfonso, drammaturgicamente imprescindibile per capire l’evolversi della vicenda. Abbiamo poi introdotto pagine inedite come un’aria di Gennaro del secondo atto: era in circolazione solo la versione per canto e pianoforte, ma di recente a Ginevra è stata trovata anche l’orchestrazione e abbiamo deciso di inserirla. Musica di altissimo valore. Penso che il dovere di un festival sia quello di proporre pagine che di solito non si sentono, di far ascoltare le scoperte degli studi musicologici.

A che punto è lo studio su Donizetti?

L’edizione nazionale che vede uniti la fondazione Donizetti e Ricordi lavora alle edizioni critiche: noi ci proponiamo di metterne in scena almeno una all’anno. Nel 2020 proporremo Marino Faliero e La fille du régiment. Sicuramente nel mondo c’è grande interesse intorno a Donizetti, si moltiplicano gli studi e le rappresentazioni delle sue opere e l’auspicio è che il festival sia di stimolo per altri studi musicologici. Donizetti è fondamentale perché aiuta a capire l’evoluzione del melodramma italiano dell’Ottocento. Di solito si pensa ad un salto con una frattura netta tra il belcanto a Verdi, invece Donizetti, così come Bellini, garantiscono una linea di continuità che dice come Verdi non nasca dal nulla.

Sul fronte degli interpreti state costruendo una “generazione Donizetti” così come è stato fatto a Pesaro per Rossini?

La vocalità di Donizetti deve essere ancora scoperta in pieno. Penso a quando lo scorso anno a Roma ho fatto Anna Bolena con Giovanna affidata ad un soprano: è stato una scoperta che si è rivelata anche più efficace a livello drammaturgico. Ci sono tante cose da sperimentare e da provare e il festival è il luogo giusto per farlo.

Carmela Remigio artista residente, dall’edizione 2020 il tenore Javier Camarena inizierà una collaborazione triennale con il Donizetti opera.

Un grande piacere lavorare con il cantante messicano che si riconosce appieno nella vocalità donizettiana. Abbiamo ipotizzato un triennio di collaborazione con lui. Penso sia importante per il festival avere una figura internazionale di riferimento che aiuti anche a fare da traino alla rassegna. Certo è anche una sfida quella che mettiamo in campo con lui e con tutti gli altri artisti che vengono a Bergamo perché spesso chiediamo ai cantanti di studiare pagine inedite che forse non faranno più nella loro carriera. Ma è il nostro dovere.

Il 22 debutta la Borgia, il 23 c’è Torino-Inter per il campionato in attesa del Barcellona il 10 dicembre per la Champions.

Già lo scorso anno dicevo che con Conte sarebbe cambiata la musica. E così è stato. Per l’allenatore questo è stato l’anno uno non l’anno zero perché ha saltato il periodo di prova partendo subito alla grande. Sono contento e soprattutto fiducioso per il futuro. Certo ci sono ancora cose da migliorare come la panchina che è troppo corta: ci sono i numeri, ma un po’ manca la qualità quella che invece ha la Juventus che riesce a vincere le partite nel secondo tempo, mentre noi, pur giocando bene, rischiamo di perderle sul finale quando servono cambi di qualità, penso al 3 a 2 in Champions con il Borussia Dortmund.