Scala e sauditi: sì ad un Conservatorio a Riad

Il cda dell’Accademia del teatro milanese approva il progetto che porterà in Arabia corsi di musica e di danza per i bambini Decisione che alimenta lo scontro politico sul futuro di Pereira

Uscita dalla porta del Teatro alla Scala, l’Arabia Saudita rientra dalla finestra dell’Accademia. Non è chiuso, infatti, il caso sui rapporti tra la fondazione lirica e Riad dopo il no del cda ai 15 milioni di euro in cinque anni offerti dal governo saudita in cambio di una poltrona in consiglio di amministrazione. Anzi. Diventa sempre più un caso politico, come già chiaro subito dopo il cda di lunedì scorso, un braccio di ferro tra Comune di Milano e Regione Lombardia.

Il consiglio di amministrazione dell’Accademia del Teatro alla Scala – fondazione di diritto privato che si occupa di corsi di formazione per artisti e tecnici dello spettacolo – ha approvato all’unanimità il progetto per la creazione di un Conservatorio nella città di Riad su richiesta del ministero della Cultura dell’Arabia Saudita: in una prima fase verrà creato un coro di voci bianche, saranno avviati corsi di propedeutica alla danza per bambine e bambini dai 6 ai 10 anni e una scuola musicale per strumento oltre ad un workshop su marketing e comunicazione digitale. L’Accademia – che ha già  realizzato strutture simili in Romania, Colombia, Brasile, Serbia, Kazakistan, Cile e Uruguay – da settembre inizierà la selezione e la formazione del personale locale che, per due anni, sarà affiancato dagli insegnati scaligeri.

Quello del Conservatorio era uno dei punti dell’accordo con i sauditi del sovrintendente Alexander Pereira che, incassato il no sul progetto arabo nella sua interezza, ha portato a casa questo risultato nelle sue vesti di presidente dell’Accademia. Il progetto, al quale per il cda scaligero avrebbe dovuto dare via libera proprio il cda dell’Accademia, dovrebbe valere sette milioni di euro: sarà modulato in diverse aree di intervento alle quali corrisponderanno finanziamenti separati.

«Una cosa buona, perché rientra in una collaborazione culturale ancora più utile nel momento in cui andiamo a lavorare con un Paese che ha bisogno di essere aiutato ad aprirsi» il commento del ministro dei Beni culturali Alberto Bonisoli. Storce il naso, invece, il governatore lombardo Attilio Fontana. «Il cda della Scala aveva detto bocce ferme e ripartiamo da capo. Questo non è¨ un ripartire da capo». Una forzatura? «Sono dell’opinione che esportare le nostre eccellenze sia un valore aggiunto, sia dal punto di vista culturale sia da quello economico. Allargare il piacere delle musica è un dovere che abbiamo, però bisogna capire le condizioni. Sicuramente – avverte il presidente lombardo – il cda dell’Accademia dovrà  dare qualche spiegazione al cda della Scala. Penso sia opportuno che si parlino».

Approva, invece, l’iniziativa il sindaco di Milano Giuseppe Sala. «Lo hanno deciso in autonomia anche se noi abbiamo un rappresentante nella fondazione accademia» ha detto il primo cittadino, anche presidente del cda scaligero. «Quello che abbiamo sempre detto è che non eravamo contrari a una collaborazione, ma avevamo forti dubbi sull’ingresso di Riad in consiglio di amministrazione» ha ricordato Sala che ha concordato poi con Fontana sulla necessità dell’illustrazione del progetto nel prossimo cda, in programma molto probabilmente a maggio.

Tregua armata, dunque, tra Comune di Milano e Regione Lombardia in vista del prossimo consiglio di amministrazione. Il nodo, dopo il caso saudita, resta la sorte di Alexander Pereira e la nomina del futuro sovrintendente. Il manager austriaco è uscito indenne dal cda di lunedì 18 marzo quando, bocciato l’accordo da 15 milioni di euro con Riad, è stato confermato al suo posto sino alla scadenza del mandato nel 2020. Nonostante la Regione, a traino leghista, ne avesse chiesto il licenziamento: il Carroccio aveva cavalcato il malumore bipartisan di chi non gradiva il possibile ingresso nel cda di un rappresentante del governo di un paese in cui i diritti umani sono spesso calpestati. Pereira ha l’appoggio del sindaco di Milano Sala e di buona parte del cda: il rappresentante del governo Francesco Micheli non ha mai nascosto la sua diversità di vedute con Pereira, ma Philippe Daverio nominato dalla Regione non ha chiesto le dimissioni del manager austriaco.

La resa dei conti potrebbe arrivare sul nodo bilancio. Pesano le perdite registrate nell’ultimo anno dalla biglietteria con gli incassi che, nonostante l’aumento delle recite (in alcune, però, come il Fidelio di giugno i posti invenduti sono arrivati a 700), sono passati dai 39 milioni di euro del 2017 ai 35 del 2018, due milioni in meno rispetto agli obiettivi di budget. Nel mirino anche il calo degli abbonamenti passati dai 5.900 del 2008 ai 3mila della scorsa stagione. Pereira ha dalla sua l’aumento del numero degli spettatori, passati dai 330mila del 2013 ai 450mila del 2018, e l’incremento dei fondi privati.

Numeri che appaiono come il frutto di una guerra interna al teatro, risultato di lotte di potere (partite subito dopo l’insediamento di Pereira con il caso del possibile conflitto di interessi per gli allestimenti comprati da Salisburgo dove il manager era sovrintendente prima della nomina scaligera) che vanno a discapito delle casse del teatro e dell’immagine della Scala. Su questi numeri e sul nome di chi dovrà sostituire Pereira si gioca la partita politica lombarda che ha nella Scala uno dei suoi terreni di scontro privilegiato.

Articolo pubblicato su avvenire il 26 marzo 2019