Rigoletto, a Roma Verdi si canta sul tir

Fabio Cherstich racconta come un thriller la storia del gobbo Con OperaCamion la lirica arriva in periferia e tra i terremotati

Lo spettacolo inizia molto prima che parta la musica, un accordo che annuncia da subito il tema della maledizione. Iinizia a metà pomeriggio. Quando sulla piazza arriva il tir. Giù le ribalte e si inizia a scaricare. Le piantane delle luci, i gazebo che serviranno come camerino per i cantanti. Le sedie e i leggii per gli orchestrali perché il pubblico la sedia se la porta da casa. E poi gli appendiabiti con sopra i costumi, tute, mantelli, maschere. E una volta vuoto il camion è pronto per diventare un palcoscenico: la cabina, il rimorchio, il tetto. Si piantano alcuni pali, un filo teso per il sipario sul quale c’è disegnata una enorme testa di porco. Davanti al tir si monta una passerella. E si prepara la scenografia: tanti gonfiabili da piscina, una palma, un coccodrillo verde e un fenicottero rosa. Colori accesi. Pop. In coda al camion si alza una torre fatta di pali e teli neri, unico collegamento con la piazza un cunicolo con dentro uno scivolo, nero anche lui.

«Questa volta non ci sarà niente da ridere». Perché Rigoletto di Giuseppe Verdi è una tragedia familiare atroce e crudele» racconta Fabio Cherstich che si è inventato OperaCamion «per portare la lirica nelle periferie. E andare in periferia vuol dire avvicinare un pubblico che all’opera non andrebbe mai».

Parte stasera, 18 giugno, la terza edizione del progetto del Teatro dell’Opera di Roma. Un titolo popolare, snellito per poterlo portare in giro senza un coro e reso comprensibile anche per chi non ha dimestichezza con la lirica. «Ma quest’anno con Rigoletto i tagli sono ridotti all’osso: lo spettacolo dura un’ora e cinquanta minuti» anticipa Cherstich per il quale, poi, «il fatto di rivolgersi a un pubblico di non melomani fa si che il nostro lavoro si concentri sulla trama e sul racconto. Anche per questo verranno proiettate le frasi cardine dell’opera per far capire ulteriormente la trama agli ascoltatori».

Racconto che sarà coloratissimo e  pieno di video. La parte visiva è firmata da Gianluigi Toccafondo che ha messo il suo immaginario a servizio della visionarietà pop di Cherstich che «si tinge anche di noir perché ci siamo ispirati al Gabinetto del dottor Caligari e Gilda assomiglia molto a Jane, protagonista della pellicola del 1920 di Robert Wiene – spiega il regista –. La scena della tempesta del terzo atto con l’omicidio di Gilda è scritta con la tensione di un thriller e così l’ho voluta rendere con l’uccisione della ragazza che sarà raccontata da un video con il tratto immaginifico di Toccafondo. D’altra parte fare l’opera su un camion vuol dire far sparire totalmente l’elemento naturalistico dal racconto».

Oggi il tir è parcheggiato tra via Guido Fiorini e piazza Muggia, in zona Ponte di Nona. Sino al 9 luglio girerà la periferia di Roma, ma andrà anche in alcuni comuni della provincia di Rieti facendo tappa nei comuni terremotati di Accumoli (mercoledì 20 giugno) e Amatrice (venerdì 22). «Dopo due commedie, con le risate di Figaro! ispirato al Barbiere di Siviglia di Rossini e con l’umorismo nero del Don Giovanni di Mozart, la sfida è quella di portare in piazza un dramma» spiega Cherstich, friulano, classe 1984, regista di lirica e prosa, ma anche scenografo – sul computer il progetto visivo per il verdiano Don Carlo che il regista Nicola Berloffa prepara per il Teatro di San Gallo in Svizzera – e collezionista d’arte con una passione per il pittore americano Patrick Angus, scomparso nel 1992, di cui è il massimo esperto mondiale. Perché Rigoletto, per Cherstich, «è una storia di rapporti familiari malati, quelli tra il giullare e la figlia Gilda e quelli tra Sparafucile e la sorella Maddalena che lui fa prostituire. Il gobbo è un personaggio doppio con momenti di umanità estrema e altri di violenza nei confronti della figlia che vive sottomessa al padre e prova a liberarsi quando si innamora del Duca al punto che si sacrificherà per lui, andando incontro volontariamente alla morte per salvarlo».

Tutti giovani gli interpreti, molti dei quali usciti da Fabbrica Young artist program del Teatro dell’Opera di Roma come Andrii Ganchuk (Rigoletto), il ventunenne Domingo Pellicola (il Duca di Mantova) e Sara Rocchi (nel doppio ruolo della Contessa di Ceprano e di Maddalena. «Accorpare i personaggi è sì un’esigenza di casting, ma diventa anche un ulteriore elemento di curiosità per il pubblico che assiste alla trasformazione con il cambio dei costumi a vista». Gilda è Giulia Mazzola, 22 anni, Sparafucile, che abita nella cabina di guida del camion, è Akaki Ioseliani. «Lavorare con cantanti giovani che non hanno cliché lirici è molto stimolante e offre una grande energia allo spettacolo» racconta Cherstich che ha sostituito «il coro con un personaggio a tre teste fatto da Marullo, Ceprano e Borsa, i cortigiani codardi, forti solo se sono in gruppo, bulli che si prendono gioco del più debole. Rigoletto lo sa e sa a che punto questa gente potrebbe arrivare, per questo tiene segregata la figlia. Ma il suo non è solo un atteggiamento protettivo, nasconde qualcosa di morboso e di malato: è un padre possessivo e manesco. Allora Rigoletto non avrà la gobba perché la sua è una deformità nell’anima».

Lo spettacolo inizia con toni da commedia, quasi da avanspettacolo in una corte dove tutti indossano maschere di animali «in quello che è una sorta di parco dei divertimenti del Duca dove il gioco più ambito è Rigoletto, deriso e schernito. La tragedia irrompe con l’arrivo di Monterone che reclama la figlia. Tutto il racconto è una soggettiva su Rigoletto che dopo la morte di Gilda vorrebbe bruciare  tutto, la sua casa e il palazzo del Duca, come in un film di Lars von Trier». La musica di Verdi è affidata ai ragazzi della Youth orchestra dell’Opera di Roma e alle bacchette di Carlo Donadio e Roberto De Maio.

«Questo Rigoletto porta a compimento un lavoro dei tre anni partito con l’esperimento di Figaro! e proseguito con Don Giovanni, titoli che hanno raccolto oltre mille persone a sera, con punte di duemila spettatori, alcuni arrampicati su cabine telefoniche e cassonetti dell’immondizia pur di vedere lo spettacolo» conclude Cherstich che, pensando già a un titolo Barocco per il prossimo anno, a settembre realizzerà un Elisir d’amore all’aperto nel cuore di Palermo: «L’opera di Donizetti avrà la scenografia naturale delle case del quartiere Danisinni: Nemorino abiterà in un garage, il coro sarà un coro amatoriale di cittadini palermitani e la compagnia di Belcore sarà impersonata dalla banda locale dei carabinieri in una commistione tra finzione e realtà, tra professionisti e non della lirica».

Nelle foto di Yasuko Kageyama Opera di Roma il Rigoletto OperaCamion

 

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