Giambrone, occorre riaprire presto i teatri

Appello al governo del presidente delle fondazioni liriche Spettacoli in streaming per tutelare pubblico e lavoratori

«L’arte è necessaria. I teatri sono necessari». Francesco Giambrone, sovrintendente del Teatro Massimo di Palermo e presidente dell’Anfols, l’associazione che riunisce le fondazioni lirico-sinfoniche, lo dice, più convinto che mai, dopo che il dpcm firmato domenica dal premier Giuseppe Conte ha previsto la chiusura di teatri, sale da concerto e cinema. Niente spettacoli dal vivo, dice il decreto, sino al 24 novembre. «Ma compatibilmente con la gravità della situazione e con l’evoluzione del quadro epidemiologico, sollecitiamo laddove possibile – chiede Giambrone – di ripensare la decisione di chiudere i teatri e in ogni caso confidiamo nella volontà manifestata dal governo di ridurre al minimo questa fase di dolorosa chiusura».

Ancora un a volta, Francesco Giambrone, su teatri e sale da concerto si è abbattuta la scure della chiusura. Era nell’aria, ma forse avete sperato che non si concretizzasse anche questa volta.

«Siamo consapevoli della gravità del momento e ci rendiamo conto che ci vuole molto senso di responsabilità da parte di tutti. Certo, detto questo non possiamo non sottolineare come sia stato fatto un grande sforzo per ripartire in sicurezza e ora questo blocco ci coglie un po’ di sorpresa. In questi mesi abbiamo mostrato che i teatri sono luoghi che tra quelli che più facilmente si possono mettere in sicurezza da tutti i punti di vista, per gli artisti, per i dipendenti e per il pubblico. Lo abbiamo dimostrato. E questo ci ha portato a sollecitare il ministro della Cultura Franceschini e il premier Conte sulla possibilità di ridurre al minimo questa chiusura, naturalmente nel rispetto della situazione generale del paese perché è evidente che i temi di salute pubblica sono la priorità per tutti».

Tornare ad ascoltare musica dal vivo dopo i mesi di lockdown è stato importante, anche a livello simbolico

«I teatri in questo periodo di ripartenza credo siano stati anche un elemento di conforto per tutti noi, per tutte le comunità. Credo che questo sia un tempo in cui tutti noi abbiamo bisogno di reagire allo smarrimento, all’angoscia, alla paura, alle preoccupazioni legate alla pandemia. E penso che quella dei teatri di confortare sia una funzione importante in questo momento».

C’è poi l’aspetto economico perché questa chiusura va a colpire un settore che, come molti, è stato duramente colpito dallo stop forzato di marzo. Il governo ha annunciato fondi per sostenere il settore.

«Ci auguriamo che questi fondi possano bastare. Proprio il comparto delle fondazioni lirico-sinfoniche che è ripartito immediatamente, in maniera abbastanza completa e che ha garantito occupazione è il comparto che nel 2020 ha ricevuto meno risorse del 2019. Noi siamo in una condizione di crisi importante perché i nostri bilanci sono stati fortemente compromessi dal crollo di ricavi propri soprattutto dei ricavi della biglietteria e al momento non abbiamo avuto risorse aggiuntive rispetto al 2019, anzi abbiamo qualcosa in meno. Abbiamo fatto sentire la nostra voce da alcune settimane già per questo. Al momento, poi, nessun teatro è stato in grado di presentare la programmazione del 2021 e lo ha fatto non tanto perché c’è incertezza sulle modalità di andata in scena (con distanziamento e tutto quanto abbiamo imparato a rispettare…), ma l’ha fatto perché c’è un regime di incertezza totale sul tema delle risorse: per la prima volta non siamo in condizione di compilare e predisporre i bilanci del 2021».

Cosa pensate di mettere in campo per evitare il peggio?

«Utilizzeremo tutti gli strumenti a nostra disposizione con l’obiettivo di scongiurare il blocco totale di tutte le attività e, soprattutto, di tenere vivo il rapporto con il pubblico e tutelare l’occupazione e il lavoro di centinaia di artisti e tecnici che operano nei nostri teatri. Per ottenere questo risultato saranno utilizzati sia gli ammortizzatori sociali messi a disposizione dal governo sia le nuove tecnologie che potranno permetterci la trasmissione in streaming delle attività che ciascuna fondazione potrà realizzare anche in assenza di pubblico in sala, compatibilmente con la sostenibilità di bilanci. Questa è una situazione di grande gravità, sono convinto che il governo sia consapevole di questo. Ci immaginiamo e speriamo che nei prossimi decreti ci siano delle risorse che possono interessare anche le fondazioni lirico-sinfoniche».

I teatri dal 15 giugno, data in cui è stato possibile tornare a fare spettacoli dal vivo, hanno garantito il rispetto dei protocolli di sicurezza tanto che, dicono i dati dell’Agis, su 2782 eventi con 347.262 spettatori c’è stato un solo contagio. Come scrivono molti artisti sui loro profili social. «Il teatro è un luogo sicuro».

«A me piace di più dire che il teatro è un luogo che si può mettere in sicurezza in maniera adeguata e completa. Poi naturalmente nessun luogo è immune dal virus, però è vero che un po’ per le modalità della fruizione dello spettacolo dal vivo e un po’ per le caratteristiche dei nostri spazi siamo stati nelle condizioni di mettere in totale sicurezza sia il pubblico che i dipendenti: i dati diramati dall’Agis confermano questo. A questo va aggiunto che laddove tra i dipendenti sono stati rilevati casi di contagio, ed è capitato in diversi teatri, questi sono stati immediatamente individuati e isolati e tutte le azioni che sono state fatte conseguentemente hanno portato solo quarantene parziali e circoscritte nel tempo e comunque al blocco dei contagi. Quindi i teatri sono luoghi dove le condizioni di sicurezza possono essere garantite».

Molti artisti, lo hanno detto chiaramente, sono stati feriti dalle dichiarazioni di alcuni politici che, commentando la chiusura di teatri e sale da concerto, hanno parlato di blocco delle attività superflue…

«Questo ce lo sentiamo dire da tempo ed è triste dover continuare a ripeterlo. Spesso siamo paragonati ad un tempo libero superfluo e non utile. Ma l’arte non è questo, l’arte è necessaria, i teatri sono necessari, sono luoghi dove una comunità si ritrova, ascolta una parola, trova un conforto e ha un elemento di stimolo e di conoscenza. Se vogliamo fare un paragone sono come le chiese, luoghi dove una comunità si incontra, ascolta una parola e ha un conforto se è credente. Nei teatri questo conforto arriva per tutti, credenti e non credenti. Se in questo momento le chiese sono aperte, ed è bene che siamo aperte perché servono alla popolazione dei credenti, forse è bene che anche i teatri, per la stessa ragione, siano aperti».