Se a Palermo ballano le statue di Serpotta

Al Teatro Massimo va in scena in prima assoluta Siciliana nuovo lavoro di Mattia Russo e Antonio De Rosa di Kor’sia cresciuti in Italia e oggi con la loro compagnia in Spagna «Facciamo danzare l’arte perché la bellezza va custodita»

Bianco. Bianchissimo. Quasi abbagliante. È il colore degli stucchi palermitani di Giacomo Serpotta. E bianco, « un tripudio di luce e bianco sfavillanti», è il colore di Siciliana, il nuovo spettacolo di Kor’sia, ovvero dei coreografi Mattia Russo e Antonio De Rosa e del drammaturgo Giuseppe Dagostino che si sono ispirati proprio alle statue che l’artista siciliano ha realizzato in una trentina di edifici palermitani per il loro lavoro in scena in prima assoluta sino al 26 marzo al Teatro Massimo di Palermo. Un bianco che si colora poi di tutte le sfumature della vita, da quelle tenui a quelle fluo più pop. Perché l’idea dalla quale sono partiti i giovani artisti campani nel loro lavoro con il Corpo di ballo del Massimo è proprio quella di dare vita alle statue di Serpotta. Che come in una favola, per magia, quando viene notte escono dagli oratori e dalle chiese dove sono collocati per scendere in strada e dare vita a una grande festa che attraversa i secoli. Ma che poi, all’alba, proprio come in una favola, tornano al loro posto. Immobili nella loro abbagliante bellezza.

«Girando per Palermo siamo rimasti affascinati dalla bellezza delle opere d’arte e in particolare di quelle degli oratori di Serpotta. Abbiamo allora deciso di creare un balletto a partire da quegli stucchi di putti e picciriddi svolazzanti che sghignazzano e giocano tra i santi. A vedere il loro atteggiamento irriverente e sfrontato sembrano indaffarati a prepararsi per una festa. Ed è quella che ricreiamo in scena» racconta Antonio De Rosa, classe 1989, di Castellamare di Stabia. Una formazione classica prima all’Accademia nazionale di danza di Roma e poi alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala dove si è diplomato nel 2008. Stesso percorso, stesse tappe di vita e di crescita artistica di Mattia Russo, originario di Bagnoli Irpino, e di Giuseppe Dagostino, nato a Conversano in provincia di Bari. «Eravamo i tre principi dell’Adagio della rosa de La bella addormentata di Mats Ek che abbiamo interpretato quando eravamo ancora allievi della Scuola di ballo della Scala» ricorda Russo. Un destino segnato, dunque. «Dopo percorsi diversi che ci hanno portato a ballare chi alla Scala, al Maggio musicale fiorentino, chi nel centro coreografico della Generalitat Valenziana e nella compagnia olandese Introdans, ci siamo ritrovati insieme nella Compagnia nazionale di danza spagnola». Nel 2014, poi, con Diego Toretelli – che da qualche tempo ha intrapreso una sua strada autonoma di coreografo, nel 2014 – la decisione di creare una loro compagnia.

«Kor’sia, una corsia, una strada, un percorso da fare insieme. Che è quello che vogliamo compiere. Un collettivo con sede a Madrid. In Italia il problema resta sempre quello del lavoro. Non che la Spagna se la passi meglio, intendiamoci. Oggi dobbiamo guardare al mondo globalizzato, dunque un territorio è solo il trampolino di lancio verso il mondo: eravamo già a Madrid con la Compagnia nazionale di danza spagnola e abbiamo deciso di restare lì» racconta ancora De Rosa convinto che nel mondo della danza «lo spazio per i giovani c’è a patto che si sia disposti a lavorare sodo». L’agenda di Kor’sia è pienissima: Parigi, Berlino, Berna, ma soprattutto una nuovissima e attesissima Giselle in programma per maggio 2020 al Teatro Canal di Madrid.

Intanto c’è Palermo con Siciliana. «Gli stucchi di Serpotta sono stati l’ispirazione per un balletto la cui estetica è sicuramente barocca, come le statue dell’autore, con scene di Christian Lanni e costumi di Adrian Bernal che richiamano il Settecento. Un balletto che ha, però, un linguaggio fortemente contemporaneo, il marchio di fabbrica di Kor’sia. In questo spettacolo invitiamo il pubblico a varcare la soglia di uno spazio reale e a immergersi in un’altra dimensione, in un vortice magico in cui le figure di gesso bianco che prendono vita ed escono dagli oratori sono la perfetta rappresentazione della strada» interviene Mattia Russo. Ecco che sul palco si scatena «una festa siciliana, prende forma un mondo surreale con personaggi che si muovono su un tappeto sonoro che unisce musica barocca ed elettronica: c’è il Settecento di Bach, c’è il Capriccio italiano di Cajkosvkij, ci sono Suppé e Arvo P ärt e c’è un baccanale dionisicao per raccontare tutte le sfumature della festa». A dare corpo ai personaggi i danzatori del Corpo di ballo del Massimo di Palermo.

«Nei lavori di Kor’sia siamo anche interpreti, qui, invece, facciamo solo i coreografi – spiega De Rosa –. Abbiamo una formazione classica, partiamo da lì e le nostre radici sono segnate inevitabilmente da questo approccio, ma le esperienze che abbiamo fatto come danzatori ci hanno portato a contaminare il linguaggio classico con il contemporaneo, a esplorare tutte le varie possibilità di espressione del corpo». Ecco allora una drammaturgia «a mosaico», tanti episodi che vengono poi montati in un racconto lineare, ma che mantiene qualche disconnessione. Perché «sul linguaggio classico innestiamo un processo di distorsione dei movimenti che abbiamo messo a punto nel tempo. La danza, in particolare quella contemporanea, centra tutta l’attenzione sul corpo come fulcro della creazione: noi cerchiamo di deformarne il movimento naturale, di portarlo all’estremo per trovare nuove forme e nuove architetture» spiega De Rosa che da sempre crea in coppia con Russo. «Un lavoro ormai rodato, ci conosciamo da quindici anni, dai tempi della scuola. La base è comune e anche il modo di lavorare lo è, basato su una collaborazione continua con gli interpreti ai quali offriamo gli strumenti in base ai quali in sala prove possono poi creare i passi. Non arriviamo mai in sala con una coreografia già scritta: abbiamo idee, uno schema per arrivare a realizzarle, ma i passi e i movimenti li creiamo insieme agli interpreti» raccontano De Rosa e Russo.

Un lavoro preceduto dalla riflessione a tavolino con Dagostino sul messaggio che si vuole lanciare. «In questo caso – conclude De Rosa – quello di non abbandonare le nostre radici, ma di conoscerle e indagarle. Gli oratori siciliani per anni sono rimasti chiusi, abbandonati, gli stucchi si sono ricoperti di polvere. Vogliamo restituirli al pubblico anche con la danza perché la bellezza ci appartiene e dobbiamo custodirla».

Nelle foto @Rosellina Garbo Siciliana in scena e in prova al Massimo di Palermo

Dittico con l’Annunciazione raccontata in danza da Preljocaj

Due giovani emergenti come Mattia Russo e Antonio De Rosa e un maestro della danza contemporanea come Angelin Preljocaj. Il dittico in scena sino al 26 marzo al Teatro Massimo di Palermo affianca a Siciliana di Kor’sia un classico come ormai è Annonciation del coreografo franco-albanese. Preljocaj è tornato a Palermo per rimontare con il Corpo di ballo del Massimo (due le coppie che si alternano in scena, Annamaria Margozzi e Francesca Bellone, Linda Messina e Yuriko Nishihra) la sua coreografia datata 1995 su musiche di Stéphane Roy e sul Magnificat di Antonio Vivaldi. Anche qui un quadro che prende vita, quello, declinato in centinaia di varianti, dell’Annunciazione: Maria e l’Angelo i personaggi in scena. Preljocaj cattura nella danza i dubbi e l’inquietudine che colgono Maria nel momento in cui l’Angelo Gabriele le annuncia che diventerà madre di Gesù. A dirigere orchestra e coro del Massimo la bacchetta di Tommaso Ussardi.

Nelle foto @Rosellina Garbo le prove di Annonciation al Massimo di Palermo