L’opera di Bellini torna in scena al Piermarini dopo 48 anni Dopo la Callas e la Caballé oggi protagonista è Marina Rebeka Dirige Fabio Luisi, Scala nella Scala nella regia di Olivier Py
Norma abita al Teatro alla Scala. Da sempre. Da quando nel 1831 Vincenzo Bellini la scrisse per il Piermarini, Giuditta Pasta, Giulia Grisi e Domenico Donzelli i protagonisti della prima, la sera del 26 dicembre. Ha casa, Norma, tra le poltroncine del loggione e le quinte del palcoscenico. Anche se non si fa vedere molto. L’ultima volta nel 1977, quarantotto anni fa. Ma c’è. Presenza che ti avvolge. Impalpabile. «Un fantasma che tuti avvertono incombente. A me, però, i fantasmi piacciono e mi piace averci a che fare. I fantasmi vanno ascoltati perché sono una presenza viva, soprattutto in un luogo come questo» dice Olivier Py, professione regista, che ha provato a stanare quel fantasma. Che alla Scala ha un volto e una voce, unici, inconfondibili, quelli di Maria Callas.
Ed è anche “colpa” sua, della Divina, se Norma manca da così tanti anni dal palcoscenico milanese. Troppo complesso, troppo rischioso per un’interprete, oggi, fare i conti con la Callas e con la sua Norma. Troppo rischioso farlo alla Scala, che non vuol dire Milano, perché nel novembre 2023 Riccardo Muti ha diretto alla Fondazione Prada del capoluogo lombardo una Norma in forma di concerto per la sua Italian opera academy. Troppo complesso alla Scala, perché Norma in giro per il mondo la si fa regolarmente – nei mesi scorsi a Vienna due allestimenti, in scena contemporaneamente, uno alla Staatsoper e uno al Theater an der Wien. Alla Scala, dove, però, ora Norma (finalmente) torna.
Prima, attesissima (diretta dalle 20 su Radio3), il 27 giugno. Repliche (biglietti già esauriti) sino al 17 luglio. Sul podio Fabio Luisi, che di Norme ne ha dirette molte. Protagonista Marina Rebeka che canta Norma dal 2016, ma che alla generale non è andata in scena, lasciando il ruolo della sacerdotessa a Marta Torbidoni, acclamatissima, proprio nei panni di Norma, la scorsa estate a Macerata e già in locandina al Piermarini per la recita del 14 luglio. Pollione è Freddie De Tommaso, Adalgisa è Vasilisa Berzhanskaya (che ha provato anche a cantare il ruolo di Norma e lo farà anche la prossima stagione al Regio di Parma), Oroveso è Michele Pertusi.
Regia di Olivier Py che, proprio perché Norma abita alla Scala, gioca con il classico e sempreverde meccanismo del teatro nel teatro: sul palco (scene e costumi di Pierre-André Weitz) la facciata del Piermarini che girando rivela il dietro le quinte «in un Ottocento che è quello risorgimentale nel quale la partitura è stata scritta» racconta il regista francese, classe 1965, alla Rivista del Teatro alla vigilia del debutto. «Quando Bellini scriveva Norma in Italia ci si interrogava se agire o non agire, fare o interrompere la rivoluzione, prendere le armi o fare la pace Se si toglie Norma dal contesto storico della sua scrittura, si perde moltissimo. Perché Norma è un’opera profondamente risorgimentale, persino più di Nabucco» dice ancora Py che nel gioco del metateatro identifica Norma con un’artista, una cantante dell’Ottocento (potrebbe essere una Alida Valli che in Senso di Visconti si innamora dell’invasore austriaco) chiamata a confrontarsi in scena con Medea. «Due miti che la Callas, il fantasma che aleggia qui, ha portato sul palcoscenico. E Norma è una Medea che non riesce a uccidere i suoi figli. Proprio perché è una donna dell’Ottocento, una donna italiana e l’Italia non uccide i suoi figli, dicono Bellini e il librettista Felice Romani» spiega il regista anticipando che la “sua” Norma diventa «allora un’artista che ha il potere di avviare una rivoluzione. Perché l’arte, quando genera emozione, può unificare un popolo, guidarlo verso un nuovo destino. E in questo il Risorgimento è passato anche dalla cultura: dalla lingua, certo, ma anche dalla musica».
Quella musica che per Py «avvolge di sensualità parole che appaiono fredde». Come succede nei duetti tra Norma e Adalgisa che, se nel gioco del teatro nel teatro diventano una sorta di Eva contro Eva con Adalgisa che ruba il vestito dorato di Norma, nella partitura «rivelano un sentimento profondo che unisce queste due donne, un amore che trascende tutto e che trasforma tutto. Hanno la stessa voce, come Don Giovanni e Leporello, e questo crea un effetto di specchio, di fusione» dice ancora Py.
Perché «la cantabilità belliniana, davvero particolare e unica, ha per se stessa un valore espressivo e quindi drammaturgico che va ben al di là del tutto bello» si dice convinto, sempre dalle colonne della Rivista del Teatro, Fabio Luisi che ancora una volta ha sul leggio Norma, «opera legata a cantanti leggendari, dalla prima interprete, Giuditta Pasta, all’ultima che l’ha cantata alla Scala, Montserrat Caballé, passando naturalmente per la Callas. Ma nel corso del tempo il modo di proporre un’opera, sia alla Scala che altrove, è cambiato, o meglio si è arricchito: rispetto a ciò che accadeva negli anni Cinquanta o Settanta accanto alla dimensione vocale oggi riveste grande importanza la proposta di una drammaturgia lontana dai canoni della tradizione. E oggi si presenta Norma non solo come veicolo di virtuosismo canoro, che rimane l’elemento portante di questa partitura, ma come opera d’arte completa e quindi da affrontare nella sua interezza storica e musicale» racconta il direttore genovese, classe 1959.
Norma che Wagner «grande e convinto ammiratore di Bellini, apprezzava molto. Una stima che dice quanto le opere del compositore catanese siano ricchissime e non possano essere ridotte solo a una scrittura orchestrale che faccia da accompagnamento al canto. Con Bellini e con il Donizetti di Lucia di Lammermoor e Favorita l’orchestrazione romantica muove i suoi primi, ma già con grandi risultati. Sta a noi direttori d’orchestra accostarci con amore e dedizione agli accompagnamenti belliniani, per renderli vivi e metterli al servizio dell’espressione drammatica». Cosa che devono fare anche i cantanti, perché, conclude Luisi, «la parola, ma soprattutto il colore e il fraseggio, hanno un significato centrale nella gestione del ruolo».
Come nel celeberrimo Casta diva che il pubblico sempre attende. Perché Norma abita alla Scala. Da sempre. Ma da sempre abita (e vive e rivive) nel cuore di chi ama la musica.
Nelle foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala Norma
Articolo pubblicato su avvenire del 26 giugno 2025