Meade, volevo fare il medico, ora canto l’opera

Il soprano americano stella del Metropolitan di New York lasciò la facoltà di medicina al college per studiare canto L’amore per la musica nato in famiglia grazie alla mamma Oggi canta Verdi con Trovatore a Palermo e Aida a Verona

Al college – perché è nata negli Stati Uniti e lì l’università si chiama così – aveva iniziato a studiare medicina. Ma Angela Meade non è mai diventata un medico. «Tra le materie facoltative c’era canto corale. E dato che la musica mi è sempre piaciuta ho deciso di seguire le lezioni. Il maestro del coro ha notato la mia voce e mi ha indirizzato da un’insegnante di canto». Tempo pochi mesi e Angela smette di frequentare le lezioni di anatomia e fisiologia per dedicarsi al solfeggio e ai vocalizzi. «Studiavo e sognavo di diventare una cantante, ma le incognite erano molte» racconta oggi il soprano americano, nata a Centralia nello stato di Washington nel 1977, stella del Metropolitan di New York. «Fu proprio lì, quando ho vinto il Metropolitan opera national vocal competition, che ho pensato per la prima volta che potevo davvero fare del canto e della musica la mia professione» ricorda Angela Meade, tra le voci più apprezzate e più richieste della scena lirica mondiale. Per lei un’estate italiana, tutta verdiana, prima Aida all’Arena di Verona (canterà ancora il 4 settembre), stasera Trovatore al Teatro di Verdura di Palermo per la stagione estiva del Massimo. «Sono stata qui la prima volta a marzo per un concerto e ora torno nel capoluogo siciliano con il mio amato Verdi».

Un autore Verdi che caratterizza la sua estate italiana. Non solo estate perché a ottobre, quasi in contemporanea con una belliniana Norma a Piacenza, canterà Simon Boccanegra al Festival Verdi di Parma, Ernani a giugno 2022 a Roma. E si parla di Vespri siciliani alla Scala.

«Verdi gioca sicuramente un ruolo centrale nella mia carriera. Dopo un paio di debutti il ​​prossimo anno avrò cantato tredici delle sue ventisei opere. Verdi è sicuramente uno dei miei compositori preferiti non solo da cantare, ma anche da ascoltare andando a teatro tra il pubblico. Ogni volta che sento la sua musica rimango stupita da che genio fosse. Era un compositore, ma penso che in qualche modo, nella sua mente, fosse anche un cantante perché riusciva a capire bene la voce degli interpreti. E aveva, ha la straordinaria capacità di evocare tempo e luoghi nella sua musica».

Come è nata, Angela Meade, la sua passione per la musica?

«Mi è sempre piaciuto cantare sin da quando ero una bambina e la mia nonna mi raccontava che quando mi cantava la ninna nanna io cantavo insieme a lei. Ho iniziato a cantare in chiesa e questo è il primo vero posto in cui ho ottenuto un riconoscimento per la mia voce. Cantavo insieme a mia madre che mi ha insegnato la musica: avrebbe voluto diventare una cantante professionista, ma i suoi genitori glielo impedirono. A casa, poi, cantavamo sempre accompagnati da mia madre seduta all’organo. Questa immagine è anche uno dei miei primi ricordi di bambina. E quando eravamo in macchina accendevamo la radio e ascoltavamo pop e rock degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Tutto questo penso mi abbia influenzata e questo ambiente musicale in cui sono cresciuta, questo grande coinvolgimento ha sicuramente fatto crescere il mio amore per la musica».

Il suo debutto è stato al Metropolitan, uno dei teatri più famosi del mondo.

«Era il 2008 e ho cantato Elvira nell’Ernani di Verdi. In molti mi dicevano che la mia carriera sarebbe subito decollata. E lo ha fatto. Ma per molto tempo ho fatto la cover di colleghe come René Fleming, Anna Netrebko, Deborah Voigt, Angela Gheorghiu: le ho guardate in scena, le ho ascoltate cantare e ho imparato molto. Intanto, mentre mi formavo un repertorio operistico, ho fatto molti concerti cantando messe, sinfonie corali, oratori. E sino a sette anni fa questo era il mio repertorio. Poi l’opera ha preso il sopravvento e ora canto praticamente solo il melodramma».

Cos’è per lei l’opera lirica?

«È bel canto, non importa se tecnicamente è “bel canto” o no. Anche le opere contemporanee dovrebbero essere cantate magnificamente, facendo attenzione a renderle belle. L’attenzione dovrebbe essere sempre rivolta alla comprensione e alla trasmissione del significato delle intenzioni dei compositori e dei librettisti, per questo quando canto, oltre a cercare di trasmettere quello che il compositore ha voluto mettere nella sua musica, mi piace far suonare la bellezza».

Acuti incredibili, filati lunghissimi, fiati interminabili. Quale, se c’è, il segreto della sua voce?

«Non so se ci sia un segreto. Cerco di trovare il significato dietro il motivo per cui il compositore ha scritto la musica proprio in quel modo e proprio su quelle parole. Per quel che riguarda l’aspetto più tecnico cerco sicuramente di condurre una vita piuttosto tranquilla nel rispetto della mia voce: non bevo alcool né caffè, ma molta acqua e tisane, non fumo, cerco di non usare farmaci che potrebbero avere effetti collaterali sulle corde vocali, cerco di evitare luoghi rumorosi dove devo parlare al di sopra del rumore. Penso che tutte queste cose contribuiscano a mantenere fresche le mie corde vocali e ad aumentare la capacità di cantare acuti e pianissimi».

Regie tradizionali o regie moderne? Cosa preferisce?

«La mia preferenza è sicuramente per gli allestimenti lirici tradizionali. Trovo che siano i più fedeli a ciò che il compositore e il librettista immaginavano. Non sono contraria alle regie moderne, ma penso che se si vuole aggiornare le produzioni occorre farlo con molta attenzione per rendere davvero giustizia al compositore e alla storia che ha voluto raccontare».

Quali i suoi autori preferiti e i personaggi che ama di più interpretare?

«Oltre a Verdi, amo in particolare Vincenzo Bellini e Richard Strauss, un autore che mi piacerebbe cantare di più, debuttando nuovi ruoli. I miei personaggi preferiti sono le donne con le quali posso identificarmi siano regine o madri, scaltre o ingenue: quando studio un nuovo ruolo mi piace trovare qualcosa del personaggio che sia uguale a me e dunque dare qualcosa di me al personaggio. Ora mi piacerebbe cantare Suor Angelica di Giacomo Puccini e La Gioconda di Amilcare Ponchielli. Pensando a come erano considerate le donne nella società del diciannovesimo secolo è davvero sorprendente che molti compositori abbiano dato loro voce, raccontandole non solo come mogli o madri, ma come donne forti, donne di potere, donne carismatiche, capaci di scegliere il proprio destino, come Leonora del Trovatore che canto a Palermo. Oggi mi piacerebbe che i compositori contemporanei dessero voce agli emarginati».

In questi giorni è a Palermo, poi Verona, Parma, Piacenza, Milano all’orizzonte. Ma quando è stata la sua prima volta in Italia? Che ricordi ha del nostro paese?

«La mia prima volta in Italia è stata quando partecipavo ad un programma vocale estivo in Croazia, mentre ancora studiavo al college. Siamo atterrati a Milano e da lì abbiamo preso il treno attraversando l’Italia fino ad Ancona per poi imbarcarci su un traghetto per la Croazia. Già in quell’occasione ho avuto la possibilità di ammirare un paesaggio unico. La prima volta che ho trascorso del tempo qui è stata quando cantavo Matilde nel Guglielmo Tell al Teatro Regio di Torino. Da allora sono stato in molte città, con altre all’orizzonte nei prossimi anni con molti debutti».

Quando ha capito di avercela fatta?

«Non so se ci possa essere un momento definitivo per dire di avercela fatta. Ho sicuramente avuto quel pensiero quando ho debuttato al Met, pensiero svanito rapidamente quando mi sono resa conto di quanto lavoro c’era ancora da fare. Noi cantanti non smettiamo mai di imparare, ogni direttore, ogni regista, ogni collega ci insegna sempre qualcosa. Questa carriera è gratificante, ma può essere anche estremamente impegnativa».

Ha avuto qualche momento di sconforto? Cosa l’ha aiutata?

«Ho avuto momenti di disperazione e ho anche pensato di smettere. A volte lo faccio ancora, penso sia normale. Quando mi capita ritorno al motivo per cui ho iniziato a cantare, l’amore per la musica e la capacità di esprimermi attraverso le note, portando gioia, pace e felicità agli altri attraverso la mia arte».

Nella foto @Francesco Squeglia Angela Meade in Ermione al San Carlo di Napoli

Intrevista pubblicata in gran parte su Avvenire del 20 luglio 2021