Rana, io al piano tra gli ulivi del mio Salento

Quinta edizione dal 18 luglio del festival Calssiche forme ideato dalla musicista per far conoscere il suo territorio Appuntamenti con giovani concertisti da Capucon a Obiso Due concerti con i brani annunciati solo dopo l’esecuzione

Sorride – ed è molto orgogliosa – Beatrice Rana quando definisce il suo festival Classiche forme «un affare di famiglia». Perché, se sul palco ad esibirsi con lei ci sarà la sorella violoncellista Ludovica, «mamma e papà sono coinvolti nell’organizzazione, mentre i miei cugini sono stati tutti arruolati come volontari nel servizio di accoglienza». La pianista gioca in casa perché il festival che si inaugura domenica 18 luglio è tutto nel «suo» Salento. «Lecce, ma anche alcune masserie tra gli ulivi a Squinzano e Supersano. Al di là della moda che in questi anni ha fatto diventare la mia zona una meta turistica frequentatissima, mi piacerebbe che il pubblico di Classiche forme conoscesse il Salento dei miei nonni, quello rurale dove sono cresciuta anch’io». E per la pianista, nata a Copertino nel 1993 e oggi di casa nei teatri e nelle sale da concerto più importanti del mondo, «questa rassegna è un modo per restituire qualcosa alla mia terra».

Una terra, il Salento, alla quale Beatrice Rana resta sempre legata.

«Il legame con le mie radici non si è mai allenato, anzi, direi che si è rafforzato nel tempo. Appena posso torno qui. E diciamo che Classiche forme è anche un po’ una scusa per passare un po’ di tempo a casa visto che il mio lavora mi porta continuamente in giro per il mondo».

Quinta edizione della rassegna, il cui presidente onorario è Antonio Pappano, che la vede nella doppia veste di direttrice artistica e di interprete.

«Dopo cinque anni stiamo iniziando a diventare grandi. E abbiamo deciso di ingrandirci. Fino allo scorso anno il festival occupava un fine settimana, mentre ora il cartellone si sviluppa su un’intera settimana, dal 18 al 24 luglio. E questo, pur nell’incertezza culturale che ancora si percepisce nel mondo dello spettacolo, vuole essere un messaggio di positività e di ripartenza dopo un periodo come quello che abbiamo vissuto. Come sempre ho voluto dare spazio a giovani artisti, amici con i quali mi piace fare musica. Insieme a me e a mia sorella Ludovica ci saranno i violinisti Renaud Capucon, Andrea Obiso e Liya Petrova, la viola di Gregoire Vecchioni, il violoncellista Pablo Ferrandez e il pianista Massimo Spada. Poi il trio Chagall, il trio Eidos e il trio Orione».

Sul leggio Mozart e Beethoven, Schumann e Brahms, Dvorak e Janacek, Prokof’ev e Stravinskij, Webern e Rota sino ai contemporanei Teresa Procaccini e Carlo Boccadoro

«Ma la novità di quest’anno si chiama In campo aperto. Il 20 e il 22 luglio in mezzo agli ulivi proporremo un programma a sorpresa, con la scaletta che si scoprirà brano per brano durante il concerto. Solo al termine dell’esecuzione annunceremo il titolo della pagina che abbiamo proposto – certo, chi è più esperto magari riuscirà ad individuarlo prima – perché volgiamo mettere tutti nella stessa condizione di ascolto, libera da pregiudizi, da precomprensioni sui brani in programma. Una modalità pensata anche per incuriosire e avvicinare i giovani».

Un’attenzione, quella per i suoi coetanei, che lei ha da sempre tanto che spesso apre le sue prove e spiega ai ragazzi la bellezza della musica.

«In classe ero l’unica musicista, perché non ho frequentato il liceo musicale mentre studiavo in Conservatorio. E ho sempre percepito l’incertezza dei miei compagni nell’avvicinarsi alla musica. L’abito da mettere a un concerto, il dubbio su quando applaudire… Per questo non ho voluto sovrastrutture in questi concerti a sorpresa, per mettere tutti sullo stesso piano e dare una libertà di ascolto di fronte alla musica».

Classiche forme arriva nel cuore di un’estate per lei piena di concerti, con il pubblico finalmente tornato in platea.

«Ma la ripartenza di quest’anno è diversa da quella dell’estate 2020. Lo scorso anno, dopo quattro mesi di silenzio, c’era la grande gioia di tornare a fare musica e la prospettiva di riappropriarsi di una normalità perduta. Ma la seconda ondata e le nuove chiusure hanno inciso profondamente sulla psicologia di noi artisti. È vero, in inverno abbiamo fatto tanti streaming (molto meglio quelli in diretta rispetto a quelli registrati, per avere maggiormente la sensazione del concerto live), opportunità che ci ha consentito di tenere viva la nostra professionalità. Ma la mancanza di pubblico è qualcosa che ci limita parecchio perché se nei concerti con l’orchestra siamo accompagnati e circondati da altri musicisti, durante il recital siamo soli e non abbiamo la percezione di come la nostra esecuzione arrivi agli altri. Ricordo bene la sensazione del primo concerto a Madrid con il pubblico in sala: mi sentivo come da bambina alla mia prima volta al pianoforte su un palco».

C’è qualcosa di questo periodo difficile di cui farà tesoro?

«Ho scoperto che la quotidianità casalinga ha un suo fascino. Coltivare gli affetti familiari dal vivo è stato per me un sostegno fondamentale. Nei mesi delle chiusure ho suonato molto, ho avvicinato un repertorio che non avevo in programma, ho studiato senza l’ansia da prestazione nell’imminenza di un concerto».

Nella prossima stagione negli Stati Uniti l’aspettano la New York philharmonic e la Boston symphony mentre a settembre uscirà il suo nuovo disco per Warner classics tutto dedicato a Chopin.

«L’incisione è sempre un’istantanea di un determinato momento personale e artistico. Io non vado spesso in studio, ma dopo le Goldberg di Bach ho pensato che fosse venuto il momento per un altro cd solistico. Chopin è stato una scelta naturale perché mi sento pronta a presentarlo così come lo sento ora: ho sempre avuto una certa reticenza a suonarlo in pubblico perché non ero sicura che la mia personalissima lettura del compositore polacco fosse quello che il pubblico volesse sentire o che si aspettasse da me. Ora non è più così».

Sarà anche la popolarità che riscuote? Oggi anche chi non è appassionato di musica classica sa chi è Beatrice Rana.

«La popolarità è sempre relativa ad altri generi musicali: quella della musica classica ti consente di vivere tranquilla. Certo quest’anno sono comparsa spesso in radio e in tv, cosa che non ho tempo di fare quando sono in viaggio. Ci sono molte aspettative da parte del pubblico e sono direttamente proporzionali a quelle che io ho su me stessa. È una grande responsabilità».

Come si vede tra vent’anni?

«Me lo avessero chiesto il 15 febbraio del 2020 sarebbe stato più facile. Ma in un anno e mezzo è cambiato tutto e capita che arrivino impegni oggi per domani. Vorrei sicuramente essere una persona felice non solo a livello professionale, ma soprattutto personale. Perché la musica si nutre della vita».

Intrevista pubblicata su Avvenire del 13 luglio 2021