Muti a Lourdes, musica tra dolore e speranza

Il direttore d’orchestra ha proposto Vivaldi, Mozart e Verdi nel santuario mariano francese per Le vie dell’amicizia iniziativa di Ravennafestival che ha unito italiani e ucraini

C’è un dolore, che ti fa male. Perché è troppo grande da (sop)portare. Almeno così sembra a te. Un dolore che potrebbe forse rischiare di farti dubitare, come vorrebbe il mondo, oggi impegnato a stabilire cosa sia o cosa non sia vita degna di essere vissuta. Ma è un dolore che qui a Lourdes sembra fare male solo a te. Ci pensi (e lo senti) quando due occhi, sorridenti di una felicità che non hai mai visto così intensa e piena, ti fissano, disarmanti. Lo fanno per un attimo, il tempo di far gonfiare di lacrime i tuoi. Poi subito cercano Maria. Maria che avanza in silenzio tra i fedeli raccolti sull’esplanade. Anche se questa sera, come accade ogni sera dell’anno, non ci sono le fiaccole. Non ci sono i flambeaux che si alzano al canto dell’Ave Maria. Sfolgora di luce solo la statua della Madonna, icona della Signora che apparve a Bernadette Soubirous l’11 febbraio del 1858 alla Grotta di Massabielle, ritratta proprio come raccontò la ragazza di Lourdes, la figlia del mugnaio: un abito bianco, un velo bianco, una cintura azzurra e una rosa gialla al piede.

Passa in silenzio sull’esplanade immersa nel buio della sera, quel buio che qui, però, non è ancora (e forse non lo sarà mai) il nero della notte. E arriva sul sagrato della basilica la statua della Madonna. Sempre silenzio intorno. Che non è lo stesso silenzio vuoto, straniante dei mesi della pandemia, «quando Lourdes ha vissuto la crisi economica più terribile della sua storia» come racconta il sindaco della cittadina ai piedi dei Pierenei Thierry Lavit. Quello che avverti è un silenzio denso di preghiera. Che d’improvviso si riempie delle note dell’Ave Verum Corpus di Wolfgang Amadeus Mozart che si levano lievi, affidate alle voci dei bimbi delle scuole di Lourdes e Tarbes (e prima del concerto c’è anche chi ha polemeizzato perché ai bimbi delle scuole, nella laica e laicista Francia, è stato insegnato un canto della tradizione cattolica… non importa se musicato dal genio di Mozart… ma la stupidità a volte non ha confini), per lodare il Corpus natum de Maria Virgine. Quello che Cristo ci ha lasciato, presente, pane per il nostro cammino nell’Eucarestia, che ogni giorno, a Lourdes, viene portato in processione, tra i malati. Che sono lì, anche stasera, sulle loro carrozzelle, stesi sulle barelle. Sorridenti di un sorriso che non hai mai visto così potente. Mozart per loro diventa preghiera, umanissima. Preghiera per chi soffre nel corpo e nello spirito – quel dolore che non vedi, ma c’è, nascosto dietro quegli occhi che guardano oltre. Una preghiera che si alza da Lourdes – come le tante che si alzano ogni giorno, ma questa volta diversa e unica – in chiusura del concerto che lunedì 11 luglio ha portato Le vie dell’Amicizia di Ravenna festival di fronte alla basilica di Nostra Signora del Rosario – dentro i mosaici dei misteri dolorosi, gaudiosi e gloriosi, fuori, sulla facciata quelli di Rupnik che ha raccontato i misteri della luce voluti da Giovanni Paolo II.

Si alza tra i pellegrini «che ogni giorno arrivano da tutto il mondo nel santuario mariano, persone che offrono la loro sofferenza. Qui si prega per la pace nel mondo. Qui la Madonna è apparsa a una ragazza semplice, piena di fede» dice il vescovo di Tarbes-Lourdes, monsignor Jean-Marc Micas. Per loro Riccardo Muti, insieme all’orchestra giovanile Luigi Cherubini, dirige un programma tutto spirituale, da Vivaldi a Verdi a Mozart, un viaggio dalla gioia di Maria che innalza a Dio il suo Magnificat al dolore della Madonna sotto la croce del figlio, pronta ad accogliere tra le sue braccia quel corpo nato da lei. «Qui c’è il culto. Qui c’è la fede. L’ho avvertito chiaro dirigendo stasera» dice Riccardo Muti scendendo dal podio del concerto. «Di fronte all’insensatezza della guerra non possiamo fare altro che rivolgerci a Maria» dice, a due passi dal maestro, sotto l’icona delle Nozze di Cana, Cristina Mazzavillani, anima instancabile delle Vie dell’amicizia (il concerto l’ha seguito al mixer audio, a curare la regia del suono) ponti di fratellanza in musica che insieme al marito Riccardo Muti lancia ininterrottamente dal 1997 quando la prima tappa di questo pellegrinaggio fu la Sarajevo martire del conflitto bosniaco. Abbraccia Bogdan Plish, il direttore del coro dell’Opera di Kiev che è andata a prendere personalmente ad aprile in pullmann, al confine con la Polonia, insieme a sessantatré artisti ucraini conosciuti a Kiev nel Viaggio del 2018 e ora in fuga dalla guerra.

Perché quattro anni fa Le vie dell’amicizia hanno fatto rotta su Kiev, segnata dal dolore dei morti di piazza Maidan e dove arrivava l’eco delle armi perché a Mariupol già si combatteva. «Nacque un’amicizia e quando Mosca ha invaso l’Ucraina non ci ho pensato due volte ad andare con due pullmann a recuperare gli amici di Kiev» dice Cristina Mazzavillani. Sono arrivati in sessantatré a Ravenna, orchestrali, coristi, ballerini e tecnici, ospiti dell’Opera Santa Teresa, accolti da Ravenna solidale. Impegnati nel far conoscere la loro cultura. anche a Lourdes. Dove indossano il loro costume tipico. E cantano i canti della loro terra i ventitré coristi ucraini: il motetto eucaristico Il corpo di Cristo del XIII secolo e una Preghiera alla Vergine che diventa un dialogo tra madre e figlia (Svitlana Semenyshyna e Milana Lomanova) di Hanna Havreylec, compositrice morta d’infarto tre giorni dopo l’invasione di Mosca. Così come i Chanteurs pyrénéens di Tarbes e i Chanteurs montagnardes di Lourdes alzano le loro melodie popolari in Occitano, il dialetto attraverso il quale la Madonna parlò a Bernadette. Voci, insieme a quella del cantore basco Benat Achiary che intona una litania mariana dall’interno della chiesa, che contrappuntano il programma spirituale voluto da Muti. Muti che ha messo sul leggio il Magnificat di Antonio Vivaldi, affidato alle voci di Arianna Vendittelli e Margherita Maria Sala. Ma l’incipit lo intona il coro, che diventa la nostra voce, immagine di quella comunione di popoli e di esperienze che a Lourdes si ritrovano e si armonizzano. «Ma-gni-fi-cat» scandiscono le voci del coro Cremona antiqua e del coro Cherubini diretti da Antonio Greco al quale si uniscono le voci degli artisti di Kiev – che a poche ore dal concerto hanno animato con le loro voci il Rosario recitato in lingua italiana alla Grotta.

«Con la nostra musica vogliamo portare qui un messaggio universale, che usa le parole della fede cattolica, ma abbraccia tutti gli uomini, credenti o no. Vogliamo pregare, in musica, per la pace» racconta Muti che in ventisei anni con Le vie dell’amicizia ha portato questo messaggio nei luoghi di dolore del mondo, la Siria e l’Iran, Gerusalemme e Ground Zero, Mirandola e Erevan. Un ponte che quest’anno unisce due santuari mariani, Lourdes e Loreto dove il pellegrinaggio di Ravenna festival arriva giovedì 14 luglio (il concerto sarà poi trasmesso su Rai1 il 6 agosto), portando la musica sul sagrato della basilica del Santuario pontificio della Santa Casa dove ci sarà Taras Stoly, il più noto suonatore di bandura ucraino, che ha avuto un permesso speciale per suonare a Loreto dall’esercito volontario ucraino nel quale si è arruolato subito dopo l’invasione di Mosca. Un viaggio spirituale in musica quello ideato da Muti che parte proprio dal sì della ragazza di Nazarteh, dalla gioia della Vergine che innalza a Dio il suo Magnificat. Il cielo di Lourdes è immerso nei colori del tramonto, una sera come quella in cui Maria arrivò dalla cugina Elisabetta, alla fine di un lungo viaggio, già incinta del figlio. E lì disse il suo Magnificat che Vivaldi mette in musica in perenne bilico tra terra e cielo. «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili. Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote».

Gli umili, gli affamati – e il significato di questi termini va oltre il senso strettamente letterario – che pregano a Lourdes. Affamati di vita, come Felix Klieser, musicista tedesco nato senza braccia che suona il corno con i pedi. «Volevo fare quello, suonare questo strumento e non c’è stato nulla che me lo ha potuto impedire» racconta Klieser, miracolo vivente di forza di volontà – viaggia da solo, mangia da solo (aiutandosi con i piedi naturalmente), si toglie le scarpe da solo e tutto è così naturale che non ci fai caso. A lui, che suona con il piede sinistro il corno fissato su un sostegno, è affidata la gioia del Concerto n.1 in re maggiore per corno e orchestra. A chiamare Ravenna festival a Lourdes è stata l’Offrande musicale, rassegna ideata dal pianista di Tarbes David Fray. «Venendo a contatto con la disabilità ho voluto fare qualcosa per avvicinare queste persone alla musica – racconta il pianista –. Ho ideato un festival per favorire, attraverso biglietti gratuiti e percorsi musicali negli istituti di cura e degenza, la fruizione della musica. Niente pietismi i disabili sono tra il pubblico, non ghettizzati in un angolo». Come a Lourdes per il concerto de Le vie dell’amicizia (che ha chiuso il cartellone 2022 dell’Offrande musicale), primo concerto in assoluto sul sagrato della basilica.

Concerto che si è fatto di nuovo preghiera nella contemplazione del dolore di Maria nello Stabat Mater di Giuseppe Verdi. Dolore illuminato di speranza dal Te Deum, altra pala musicale dei Quattro pezzi sacri verdiani. «In te Domine speravi sono le ultime parole scritte da Verdi, parole e note di un uomo che si pone le grandi domande della fede. La pagina parte cupa, ripiegata. Poi alla fine disegna il paradiso nel mi sovracuto dei violini e l’inferno nelle note gravi dei contrabbassi. Qui Verdi mette la sua fede, quella di un uomo che ha confidato in Dio, nonostante il suo essere, da buon emiliano, un mangiapreti» riflette Muti a fine serata. Quando il pellegrinaggio musicale si compie nella penombra della sera, pronta a lasciare spazio alla notte. Impregnata del dolore di Maria. Che è lo stesso dolore (ma è anche la stessa gioia di chi loda nonostante tutto, lo vedi sostando davanti alla Grotta in un pomeriggio caldo e assolato di luglio) dei tantissimi pellegrini che ogni giorno da tutto il mondo arrivano nel santuario mariano cuore della cristianità francese per chiedere il miracolo. Il miracolo della fede, di credere nonostante tutto. Nonostante il dolore e la prova. In cielo brilla la prima stella della notte. A dire che, nonostante tutto, c’è sempre una speranza. La statua di Maria rientra nella basilica, nella sua casa. Nel cielo brilla la prima stella che rischiara la notte. Gli occhi sono ancora pieni di lacrime, ma il dolore non fa più male.

Nelle foto @Marco Borrelli Le vie dell’amicizia a Lourdes