Scala, 40 anni di Filarmonica in un giro di valzer

Chailly sul podio del concerto inaugurale della stagione Danze tra Stravinskij, Cajkovskij e una novità di Battistelli

La festa – come si fa a Natale, tanto più che anche qui la ricorrenza che si celebra è quella di una “nascita” – è iniziata alla vigilia. Era il 25 gennaio 1982 quando la Filarmonica della Scala teneva il suo primo concerto. Sul podio del Piermarini per la Terza sinfonia di Mahler, c’era Claudio Abbado, che un anno prima aveva spinto i musicisti dell’orchestra scaligera a creare una formazione sinfonica sul modello dei Wiener. E l’altra sera, il 24 gennaio, alla vigilia del quarantesimo della Filarmonica, appunto, sullo stesso podio è salito Riccardo Chailly. Legato a doppio filo (per il modo di intendere la musica, per il terreno sociale e civile e culturale di una certa Milano dove hanno gettato le loro radici i due musicisti) a Claudio Abbado – fu il direttore milanese a chiamare il giovane Chailly a dirigere un’opera, I masnadieri di Verdi alla Scala nel 1978, ma non solo, Chailly oggi ha raccolto l’eredità di Abbado a Lucerna dove oggi guida la Lucerne festival orchestra. E sul podio della Filarmonica. Che guida dal 2015, come da tradizione della formazione che affida il vertice ai direttori musicali della Scala. Dopo Abbado a prendere le redini della Filarmonica fu Riccardo Muti nella lunga, lunghissima stagione, dal 1986 al 2005, di rilancio e consolidamento del prestigio internazionale della Filarmonica; poi Daniel Barenboim.

E ora Chailly. Festeggiatissimo al termine del concerto inaugurale della stagione 2022, la prima disegnata dal direttore artistico Etienne Reymond. Concerto che si è aperto proprio con un omaggio a Chailly, perché Giorgio Battistelli ha voluto dedicare al direttore la sua Toccata per orchestra, partitura commissionata dalla Filarmonica (in questa stagione arriveranno altre tre prime assolute, per riandare alle radici, alla nuova musica sempre avuta sul leggio dall’orchestra milanese) per l’occasione. Otto minuti – con suggestioni che vanno da Monteverdi a Mahler – che “raccontano” il carattere severo (ma non troppo, a conoscerlo bene), la statura ieratica e solenne di Chailly, e poi la profondità dell’interprete che scava nella musica, la viviseziona per restituirla (al metronomo, spesso letteralmente) nella sua compiutezza, passando per il dubbio e il tormento.

Dopo Battistelli tocca a Igor Stravinskij. Autore sul quale Chailly torna e ritorna: qui le due Suite per piccola orchestra, brevi danze, miniature di colore e ritmo, precedono un balletto vero e proprio, L’oiseau de feu, proposto nella suite del 1919. Uno Stravinskij incandescente (e non solo per il titolo…) quello di Chailly che poi offre una lettura avvolgente, a tratti sensuale, ma sempre venata di una struggente malinconia (nell’Andante cantabile e specialmente nel Valse) della Quinta sinfonia in mi minore  di Petr Il’Ic Cajkovskij, che profuma di balletto (ci senti dentro certi squarci e certi affondi dello Schiaccianoci e della Bella addormentata), filo che unisce le partiture messe sul leggio da Chailly. Malinconica, come quella che suggerisce il pensiero del tempo trascorso. Ma che passa, in un giro di valzer.

Nella foto @Giorgio Gori Filarmonica della Scala il concerto inaugurale della stagione 2022