Con la Mahler Gatti racconta la vita di Schumann

Il colpo di fulmine fu a Vienna, per una Lulu di Alban Berg alle Wiener festwochen, nel 2010. Poi Daniele Gatti e la Mahler chamber orchestra si sono rivisti a Cremona, un anno dopo – il 26 novembre 2011 per un’Italiana di Mendelssohn e una Pastorale di Beethoven. Data secca, prove e concerto. E da quel momento non si sono più lasciati. Tanto che i musicisti hanno voluto il direttore milanese, oltre che regolarmente sul podio, come loro Consulente artistico dal 2016. Sicuramente – è una libera interpretazione, ma basta guardare i programmi che Gatti impagina per convincersi – per l’intelligenza e la profondità con la quale il direttore costruisce i suoi percorsi musicali. Non solo partiture messe una in fila all’altra per fare serata, ma una proposta di riflessione (in musica) per tornare a casa con un interrogativo, con una scoperta, con la voglia di approfondire.

Capita ogni volta con Gatti. Capita anche questa volta. In una tournée – quella del direttore alla testa della Mahler chamber orchestra e dei suoi quarantacinque musicisti provenienti da tutta Europa, ma anche da Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Australia – partita a Colonia che ha toccato poi Ferrara, Reggio Emilia, Modena e si è chiusa a Cremona (a dieci anni o poco più dallo storico concerto del 2011) dove Gatti e la Mahler hanno inaugurato la stagione 2022 del Teatro Ponchielli – il neo sovrintendente Andrea Cigni nel foyer ad accogliere gli spettatori con un sorriso e un «Benvenuto». Inaugurazione a Cremona, inaugurazione di stagione anche negli altri teatri. Tutto Schumann sul leggio – ma occorre dirlo anche questa volta, su quello degli orchestrali perché Gatti dirige tutto a memoria. L’Ouverture per Genoveva, il Konzertstuk per quattro corni e orchestra, poi la Prima e la Terza sinfonia, le dispari. Pagine proposte in diverse combinazioni nelle varie piazze per chiudere un ciclo Schumann iniziato prima della pandemia.

A Cremona in locandina c’erano le due sinfonie, le due (su quattro) con un titolo, la Primavera e la Renana, la Prima in si bemolle maggiore e la Terza in mi bemolle maggiore, unica sinfonia schumanniana in cinque movimenti. Racconti di suggestioni legati ad una stagione o a un paesaggio, pagine che Gatti, grazie ad un’orchestra che lo segue con una grande naturalezza, restituisce nella loro dimensione più intima, quasi pianistica. Visionarie e profetiche, alle quali Gatti offre una dimensione teatrale (ed è quasi un paradosso dato che le opere di teatro di Schumann sono così, visionarie e profetiche, ma quasi antiteatrali, irrappresentabili, dal Paradiso e la Peri alle Scene dal Faust). Con un suono che sorprende ed esalta per morbidezza e compattezza, per lucentezza e trasparenza, capace di rendere presente, quasi materica quella febbricitante vitalità che scorre nelle note di Schumann.

Nelle foto @Gianpaolo Guarneri Daniele Gatti e la Mahler Chamber orchestra al Ponchielli di Cremona