Carla, diventa un film Rai la vita della Fracci

Alessandra Mastronardi interpreta la ballerina milanese nella pellicola di Emanuele Imbucci per RaiFiction

«Sono felice. Soprattutto per Carla». La voce rotta dalla commozione. Gli occhi lucidi. Poi Beppe Menegatti indica il busto di Giacomo Puccini. «La sua prima opera sono Le villi. Che è la stessa storia di Giselle, balletto che Carla ha danzato in tutto il mondo». La voce di Menegatti risuona al Teatro alla Scala, davanti alla statua del compositore Toscano, dove Rai Fiction e Anele presentano Carla, il film dedicato a quella che il New York Times ha definito la ballerina assoluta. «È vero, è proprio così» dice Menegatti nel foyer dei palchi del Piermarini dove è stato proiettato in antemprima il fil dedicato a Carla, a sua moglie, Carla Fracci, scomparsa a Milano il 27 maggio a 84 anni. «Oggi questo diventa un omaggio alla memoria, ma il nostro film racconta la vita» riflette Emanuele Imbucci, regista della pellicola che, dopo l’anteprima del 27 ottobre al Teatro alla Scala, che per Carla è diventato per la prima volta un set cinematografico, arriva nelle sale dall’8 al 10 novembre. Per approdare poi in prima serata su Rai1 il 5 dicembre.

«Sarà un preludio alla diretta della serata inaugurale scaligera del 7 dicembre con il Macbeth di Giuseppe Verdi» anticipa Maria Pia Ammirati, direttore di Rai Fiction, spiegando che il film tratto dall’autobiografia di Carla Fracci Passo dopo passo (curata da Enrico Rotelli e pubblicata nel 2013 da Mondadori) e che distribuito nel mondo da RaiCom dovrebbe essere proiettato prossimamente all’Expo di Dubai, «non è solo un ritratto dell’artista, ma è soprattutto il racconto della vita di una donna straordinaria che scegliendo di diventare madre nel pieno della sua carriera ha sconfitto il pregiudizio che un’artista non possa essere anche pienamente donna». Un pregiudizio che «persiste ancora oggi nonostante Carla fu una pioniera nella sua decisione di avere un figlio quando la maternità era un taboo per le ballerine perché poteva voler dire interrompere la carriera» dice con amarezza Alessandra Mastronardi che sullo schermo interpreta con commovente e impressionante immedesimazione Carla Fracci. «Io che non avevo mai messo un paio di scarpette ho fatto lezioni di danza via zoom usando un’asse da stiro come sbarra» racconta l’attrice trentacinquenne napoletana che ha avuto come controfigura nelle scene di danza (ottimo il montaggio di Marco Rizzo) Susanna Salvi, étoile del Teatro dell’Opera di Roma. «Da subito abbiamo trovato una simbiosi perfetta per dare corpo sullo schermo alla signora Fracci».

Milano 1970. La ballerina, indosso il suo inconfondibile abito bianco, è su un taxi che la porta al Teatro alla Scala. Dove bellerà nello Schiaccianoci. Serata che segna il suo ritorno in scena dopo un anno dalla nascita del figlio Francesco. L’ha convinta a tornare Rudolf Nureyev (lo interpreta Lèo Dussolier) che in cinque giorni le ha insegnato la sua (complicatissima) coreografia del capolavoro di Cajkovskij. E durante quel breve viaggio davanti agli occhi di Carla passano (in un lungo flash back che è il film con la sceneggiatura di Graziano Diana e Chiara Laudani) i ricordi di una vita. L’infanzia durante gli anni della Seconda guerra mondiale sfollata in campagna con la nonna (Carla bambina è Elisa Proietti, scelta tra 400 bambine di scuole di danza di tutta Italia), il primo giorno alla Scuola di ballo della Scala dove la direttrice Esmee Bulnès (l’attrice Euridice Axen) la prese perché «la g’ha un bel facin», i sacrifici di mamma Santina (Maria Amelia Monti) e del papà tranviere Luigi (Pietro Ragusa), le invidie delle compagne (riassunte nella figura, completamente inventata, di Ginevra Andegari, interpretata da Paola Calliari, mentre Claudia Coli è l’insegnate “cattiva” De Calboli). «Abbiamo voluto raccontare anche l’evoluzione culturale e sociale di Milano, che Carla ha osservato e attraversato. Una Milano di ieri che ha gettato le basi per la Milano di oggi» spiega Gloria Giorgianni, produttrice del film girato tra Milano, Roma e Orivieto, dove sono state ricostruite le sale della Scuola di ballo della Scala del Secondo Dopoguerra (scenografia di Fabio Vitale, costumi di Magda Accolti Gil).

E poi il passo d’addio nel 1955 sul palco della Scala con Lo spettro della rosa (lo ricostruisce, come tutte le coreografie del film, Paul Chalmer, lo balla Gabriele Rossi che interpreta Mario Pistoni) andato in scena la stessa sera della Sonnambula con Maria Callas (le offre il volto Paola Lavini). L’avventura londinese con Anton Dolin al Royal festival ballet, la tournée in America con Erik Bruhn (che sullo schermo è Alan Cappelli Goetz) nel 1964.Un film, realizzato con la consulenza della stessa Fracci, del marito Beppe e della storica collaboratrice Luisa Graziadei, che si concentra sugli anni della formazione di Carla, sui primi anni della sua folgorante carriera, anche con immagini tratte dagli archivi Rai e da quelli della Scala.

Un racconto attraversato in filigrana dall’amore, tenero, commovente (ingrediente perfetto per il pubblico di Rai1) con Beppe (un intenso Stefano Rossi Giordani), conosciuto proprio alla Scala quando Menegatti era assistente alla Scala di Luchino Visconti (lo interpreta Lorenzo Lavia e nel film c’è anche la Biki, la storica stilista della Callas). Beppe che sino all’ultimo è stato accanto a Carla. «Una vita ricca di eventi e di incontri, troppi per fare un racconto cronologico» spiega Imbucci ricordando il primo incontro a Milano con la Fracci per illustrarle il progetto del film. «Avevamo le mascherine, ma nei suoi occhi ho visto il suo grande amore per la danza. E ho scelto allora, la via dell’emotività. Tornare alla dimensione umana dell’artista». Che si vede sullo schermo, nei “dietro le quinte” della vita della ballerina fatta di rinunce e sacrifici, di prove serrate e di dolore. Momenti catturati in primissimi piani (commentati dalle musiche originali di Pasquale Catalano che si fondono con le grandi pagine classiche del balletto) con i movimenti a rallentatore di assoli e passi a due immersi in un buio illuminato da squarci di luce (la fotografia è di Gigi Martinucci) che astraggono la danza dal tempo facendo diventare i sentimenti, la passione, l’amore per il ballo, qualcosa di universale.

«Siamo abituati a vedere Carla che danza con il sorriso, ma non abbiamo mai visto le sue lacrime, le sue ferite, le sue fatiche, il suo dolore. Per questo ogni scena che ho girato – racconta la Mastronardi – l’ho girata per lei. Ogni emozione che ho provato a evocare davanti alla macchina da presa è stata per lei. Perché voleva che raccontassimo la sua forza di volontà, la serietà della preparazione. Me lo ha detto nell’incontro che abbiamo avuto via zoom in pieno lockdown. Poi è venuta sul set, alla Scala. Ed è stato davvero strano vederla osservarci dietro le quinte. I set sono sempre pieni di rumore, ma quando arrivò lei ci fu silenzio. Tra una ciak e l’altro a un certo punto si avvicinò ad un carrello con un macchinista e appoggiandosi si mise a fare la sbarra. Ci ha conquistati tutti. L’unico rammarico è che non abbia potuto vedere il nostro film». Ma Carla, dice, sicuro Beppe Menegatti, «sicuramente avrebbe pianto di gioia».

Articolo pubblicato in gran parte su Avvenire del 28 ottobre 2021

Nelle foto alcune scene del film Carla