Riso amaro con l’Opera panica di Jodorowsky

Opera panica di Alajandro Jodorowsky. Teatro Franco Parenti, Milano

Regia di Fabio Cherstich

La chiave di lettura l’hai subito davanti agli occhi appena si apre il sipario. Una lente di ingrandimento. Deformante. Dietro una faccia, quella inconfondibile di Loris Fabiani, che da un microfono (che distorce la voce) come un pilota di aerei fornisce istruzioni per un viaggio surreale. Perché Opera panica di Alajandro Jodorowsky è un racconto della realtà, la nostra realtà, fatto attraverso la lente deformante della comicità. Quella comicità nera che ti fa ridere (di te) in modo amaro e sinistro. Il regista Fabio Cherstich, che trona a rimettere in scena (rispettando, ma anche ammiccando con il sorriso alle regole di distanziamento imposte dalla pandemia di coronavirus) lo definisce cabaret tragico. Così è, perché le ventisei scene immaginate dallo scrittore cileno oggi novantunenne parlando (coraggiosamente) di morte con quell’ironia feroce che ti mette un brivido mentre ti fa sorridere. Terza edizione (la prima fu nel 2017) proposta in versione extralarge quella in scena al Franco Parenti dove Cherstich fa un nuovo montaggio dei quadri di Jodorowsky, togliendone alcuni e aggiungendone di nuovi come quello iniziale dell’ipermercato, tempio laico del consumismo, o quello (feroce, ma drammaticamente vero) sui maestri di pensiero del nostro tempo. Cabaret alla Brecht quello che va in scena in un palco completamente nero con i songs (modellati sulla parola di Jodorowsky) Marta Marangoni e Fabio Wolf che cuciono insieme i vari quadri affidati a una poliedrica Valentina Picello, alla strabordante personalità e fisicità di Loris Fabiani, all’aplomb di Francesco Sferrazza Papa e alla stralunata ironia di Francesco Brandi. Che dopo aver raccontato tipi umani, dopo essersi misurati (quasi musicalmente) con le variazioni sul tema della morte (morte dell’individuo, ma soprattutto della pietà, del buon senso, dell’intelligenza…) si riducono a uomini/cane impegnati in un ripetitivo e alienante girotondo tragico sul quale cala il buio, lasciandoti dentro (oltre al panico) più di un interrogativo. Potere del (buon) teatro.

Nelle foto @Noemi Ardesi Opera panica al Teatro Franco Parenti