Con Sylvia alla Scala danza il mito

Nuova coreografia di Legris per il balletto di Delibes affidato ai giovani talenti della compagnia milanese

Spesso, si sa, mitologia fa rima con kitsch. Perché sembra difficile raccontare oggi leggende dell’antichità mantenendosi su una misura che non faccia nascere il sorriso. Il kitsch di Sylvia, balletto di Léo Delibes che ha inaugurato la nuova stagione di danza del Teatro alla Scala, non fa sorridere, ma sempre kitsch resta. Può starci, può far parte dell’operazione di recupero della coreografia originale di Louis Mérante reinventata da Manuel Legris. E dunque quel sapore retrò di scene e costumi di Luisa Spinatelli può essere voluto.

Certo questo debutto potrebbe essere una tappa di avvicinamento al Teatro alla Scala e al vertice del suo Corpo di ballo quella di Legris. Il nome del ballerino francese, già étoile dell’Opéra de Paris e oggi alla guida della compagnia di danza della Staatsoper di Vienna – il teatro da cui arriva il sovrintendente scaligero designato Dominique Meyer – circola da qualche tempo per la direzione della compagnia milanese: Legris darebbe il cambio a Frédéric Olivieri, francese anche lui e sempre con un passato all’Opéra, che ritornerebbe a tempo pieno a guidare la Scuola di ballo scaligera. Legris firma la coreografia di Sylvia, titolo che ha inaugurato con successo la nuova stagione di danza milanese (in mezzo, tra un ciclo di recite e l’altro il Corpo di ballo di Olivieri è andato in tournée in Kuwait con Giselle portando nel paese arabo per la prima volta un balletto dal vivo) in un nuovo allestimento coprodotto con la Staatsoper di Vienna (dove è già andato in scena): scene (scure e poco funzionali) e costumi (un po’ vecchio stile, come si diceva) di Luisa Spinatelli, nuova coreografia creata da Legris sull’originale di Mérante che nel 1876 diede forma al racconto musicale di Delibes ispirato all’Aminta di Torquato Tasso.

La storia è quella mitologica della ninfa Sylvia che si innamora del pastore Aminta, ma viene rapita dal geloso Orione, innamorato (violento) di lei. Eros la libera, ma Diana si oppone all’amore con Aminta: solo l’intervento di Eros scioglie il cuore della dea della caccia (anche lei innamorata di un pastore, Endimione) che benedice la nuova coppia.

La musica è perfetta per un balletto narrativo capace di regalare assoli, passi a due e numeri corali di grande impatto. Ed è diretta con piglio sicuro e con gran gusto da Kevin Rhodes, ben assecondato dall’orchestra scaligera nel restituire la scrittura raffinata di Delibes.

Trama semplice, lineare quella di Sylvia, raccontata, però, con lo stile sontuoso della danza classica che Legris asseconda ed esalta: assoli, passi a  due, numeri corali, disegni coreografici che guardano alla tradizione senza particolari novità, ben confezionati, ma forse un po’ anonimi nello stile che non emerge con tratto forte e marcato in grado di mostrare chiara la firma del coreografo. Il racconto c’è e scorre chiaro, il montaggio è efficace e la confezione impeccabile. Ma manca qualcosa, manca quel tocco in grado di fare la differenza, di far volare la storia e (forse) di emozionare. Sarà per la sensazione di già visto dell’allestimento, abbastanza scuro e dal tratto antico, della Spinatelli: se i costumi sono comunque funzionali alla danza, le scene che integrano tele dipinte e parti in 3D a volte rischiano di impedire la visione complessiva della coreografia mettendo in ombra solisti e corpo di ballo.

Impeccabili i danzatori scaligeri – nei tre cast tutti i talenti di casa, nessun ospite, bellissimo segnale – impegnati a dare corpo al linguaggio di Legris. Martina Arduino è una Sylvia risoluta, dalle linee perfette e armoniose, Claudio Coviello, dolente Aminta, è intenso nell’interpretazione e tecnicamente impeccabile negli assoli e nei passi a due. Christian Fagetti delinea un cupo e sinistro Orione, Maria Celeste Losa è magnetica nel dare corpo all’imperturbabile Diana. Nicola Del Freo, che è Eros, si conferma ancora una volta interprete di prim’ordine così come Gabriele Corrado che è uno statuario Endimione (vestendo poi nelle repliche i panni di Orione).

Tutto il Corpo di ballo di Olivieri si è speso generosamente nel restituire il disegno coreografico di Legris che ha offerto spazio anche ai giovani talenti milanesi come Mattia Semperboni (alla prima nei panni di un contadino ed Eros nelle repliche), Valerio Lunadei, Gaia Andreanò.

Articolo pubblicato in gran parte su Avvenire l’11 gennaio 2020

Nelle foto @Brescia/Amisano Teatro alla Scala Sylvia