Veri rifugiati sul palco nell’Idomeneo di Roma

All’Opera il regista Robert Carsen rilegge il capolavoro di Mozart portando in scena migranti accolti dalla Comunità di Sant’Egidio Michele Mariotti debutta sul podio del teatro della Capitale

In scena, per una volta, la realtà supererà la finzione. Perché a dare corpo ai troiani, prigionieri di guerra di Idomeneo, re di Creta, ci saranno veri rifugiati, uomini e donne scappati dalle violenze che dilagano nel Sud del mondo, arrivati in Italia sui barconi e accolti dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma. Li ha voluti il regista Robert Carsen per il suo allestimento di Idomeneo di Wolfgang Amadeus Mozart, in scena da venerdì 8 novembre all’Opera di Roma, ultimo titolo della stagione. La bacchetta sarà quella di Michele Mariotti che debutta sul podio del Costanzi. «Sul palco ci sarà il Mediterraneo che incombe, quel mare che quotidianamente molte persone affrontano. Ci sarà il naufragio e ci saranno vittime. Come racconta quotidianamente la cronaca» annuncia Mario Marazziti, della Comunità di Sant’Egidio spiegando che «insieme agli artisti del coro in scena si muoveranno una trentina di persone arrivate fortunosamente in Italia, migranti e rifugiati che rivivranno sul palco la loro tragedia e quella di migliaia di altre persone: lo faranno attraverso l’arte, lavorando, un modo concreto per attuare quell’integrazione nella quale noi di Sant’Egidio crediamo, così come fanno tantissimi italiani, convinti che la paura non sia la sola strada percorribile».

Un fondale che evoca il mare, giubbotti salvagente e reti metalliche per raccontare il capolavoro di Mozart dove Idomeneo, per scampare al naufragio della nave che lo riporta in patria dopo essere stato dieci anni in guerra, promette a Nettuno che se si salverà gli sacrificherà la prima persona che incontrerà sulla spiaggia. «E la prima persona che incontra è il figlio Idamante. Idomeneo è un’opera con un’enorme tensione perché il re compiuto il suo giramento agli dei deve uccidere il figlio. Ci sono molte opere con l’amore familiare per un padre, per un fratello, per una madre o per una sorella che muove tutta la vicenda. Ma penso che Idomeno non si possa ridurre solo a questo: è l’opera più intensa che sia mai stata scritta, dall’inizio alla fine c’è una tensione che non cade mai» racconta Carsen. Il regista canadese, che ha allestito questo Idomeneo a Madrid, è tornato a Roma per rimontare lo spettacolo dopo il Giulio Cesare di Georg Friedrich Händel al Teatro alla Scala e prima del Don Carlo di Giuseppe Verdi che il 24 novembre inaugurerà la nuova stagione del Teatro La Fenice di Venezia.

«Idoemeno, il grande generale che torna in patria dopo dieci anni di guerra, rappresenta il pensiero della precedente generazione che pensa che la guerra sia una cosa giusta. Il figlio Idamante ed Ilia sono gli esponenti della nuova generazione che pensa che la pace sia una strada possibile e che ci sia un altro modo di andare avanti rispetto a quello di affidarsi solo alla violenza e alla voce delle armi. Una generazione che davvero può salvare la terra» racconta Carsen che rilegge il capolavoro mozartiano alla luce di questa contrapposizione generazionale «che non si può rappresentare in senso mitologico, ambientando Idomeneo ai tempi di Troia o nel Settecento in cui venne composto: ho dovuto mettere le radici di questo contrasto in un mondo riconoscibile al pubblico di oggi» spiega raccontando che sul palco si vedrà una storia ambientata ai nostri giorni.

Perché, interviene Michele Mariotti «viviamo in un tempo di guerra». Il direttore d’orchestra di Pesaro sposa in pieno «questa lettura bellissima di Carsen che amo perché è un grande messaggio di pace, una forte accusa al regime  militare e alla prepotenza delle armi. Una denuncia che arriva attraverso una storia mitologica – quella di Idomeneo che tratta i troiani, prigionieri di guerra, come  rifugiati, ma che ha una verità impressionante – e che si riveste di verità grazie alla preziosa presenza di veri rifugiati di guerra. Gli amici della Comunità di Sant’Egidio». Mariotti parla di una «violenza del teatro, della musica di Mozart che con Idomeneo segna un prima e un dopo nella storia delle musica. Un’opera che vive di contrasti dove la forza del messaggio vien dal fatto che la guerra convive con la sua forza contraria, la pace, e ne mostra la necessità». Compito della musica. «Speriamo che la pace arrivi nel mondo: nel frattempo l’arte può aiutarci e guidarci» conclude Carsen.

In scena Charles Workman nei panni di Idomeneo, il tenore Joel Prieto sarà Idamante, Rosa Feola Ilia e Miah Persson Elettra. Scene dello stesso Carsen e di  Luis Carvalho che firma anche i costumi. Prima l’8 novembre repliche sino al 16.