Pagliacci, Leoncavallo torna sul luogo del delitto

L’opera sul sagrato della chiesa di Montalto Uffugo in Calabria dove avvenne il fatto di cronaca che ispirò il compositore Filippo Arlia sul podio della Filarmonica della Calabria

I Pagliacci di Ruggero Leoncavallo tornano a casa. Tornano dove tutto era iniziato nel 1892. Anzi, meglio, nel 1865. A Montalto Uffugo in Calabria. Un fatto di sangue al Leoncavallo, che non aveva ancora otto anni, assistette. Che gli rimase talmente impresso nella mente da farne, ventisette anni dopo, un’opera lirica. Pagliacci, appunto. Che stasera, sabato 1 settembre, andranno in scena a Montalto Uffugo in chiusura dell’edizione 2018, la numero diciotto, del festival Leoncavallo.

Scenario unico il sagrato della chiesa della Madonna della Serra. A riportare l’opera a casa è Filippo Arlia, classe 1989, pianista e direttore d’orchestra calabrese, direttore del conservatorio di Nocera Terinese e anima dell’Orchestra filarmonica della Calabria che stasera avrà sul leggio la musica di Leoncavallo. «Da quest’anno ho assunto la direzione artistica del festival e ho pensato di riportare l’opera: non si faceva lirica dal 2007 e Pagliacci mi è sembrato il titolo giusto per ripartire».

Era la notte del 5 marzo 1865. Ruggero Leoncavallo viveva nel paese della Calabria. Aveva un tutore, Gaetano Scavello che aveva iniziato una relazione con una donna del posto della quale, però, era anche innamorato un altro uomo Luigi D’Alessandro. La gelosia armò la sua mano e la notte del 5 marzo, appunto accoltellò Scavello all’uscita di un teatro. L’uomo, prima di morire, fece il nome dell’aggressore che venne arrestato e processato: giudice il padre di Leoncavallo, magistrato a Montalto. Questa la cronaca. Il compositore raccontò di essere stato presente al fatto e che nella sua memoria l’assassino era travestito da pagliaccio. I ricordi sono poi riaffiorati sul pentagramma.

«Sono nato a Cosenza, la Calabria è la mia terra. Ho scelto di vivere e di lavorare qui anche se la mia carriera mi porta in giro per il mondo» racconta Arlia impegnato a riportare la musica sul territorio calabrese. «Qui non c’è una grande tradizione, ma la possiamo costruire non lasciando scappare i molti talenti che abbiamo, anche come antidoto alla criminalità organizzata. E valorizzando il nostro patrimonio culturale fatto di teatri e spazi da riempire di musica».

Stasera la musica di Leoncavallo risuonerà a Montalto: Canio avrà la voce del tenore Fabio Armiliato, Nedda del soprano Renata Vari, Leonardo Lopez Linares è Tonio, Alessandro D’Acrissa Beppe e Francesco Baiocchi Silvio. Regia affidata a Gianmaria Romagnoli. Nel ruolo di un contadino Riccardo Bosco, vincitore del Premio Leoncavallo al concorso lirico internazionale che si è svolto, dopo uno stop di alcuni anni, dal 19 al 21 agosto a Montalto Uffugo. «Il lavoro è stato quello di rafforzare l’immagine già positiva di un festival, potenzialmente in grado di dimostrare carattere e prestigio a livello nazionale ed internazionale» dice Arlia pronto a volare in Bulgaria per Otello di Giuseppe Verdi.

«La musica classica sta crescendo anche nella considerazione e nell’interesse dei calabresi ed è dunque importante impegnarsi in un’offerta dallo straordinario respiro musicale» conclude il musicista che di recente ha inciso per Warner classic i Quadri di un’esposizione di Modest Mussorgsky in una doppia versione, quella originale per pianoforte e la rielaborazione orchestrale fatta nel 1922 da Maurice Ravel e incisa da Arlia con l’Orchestra filarmonica della Calabria. «Pagina – secondo Arlia – che è sinonimo di modernità e cambiamento grazie ad una scrittura che per l’epoca della composizione risultava futuristica e che è riuscita a cambiare la mentalità di un’intera generazione di pianisti classici e romantici».

In apertura Montalto Uffugo. Qui Filippo Arlia (foto Loris Zambelli)