Bacchette rosa, se sul podio non conta il genere

Dalle pioniere Caldwell, Queler e Brico alle nuove generazioni Molti i talenti italiani, la più famosa è Speranza Scappucci

A chiamarle «direttrice» viene in mente una signora austera, vestito nero e chignon, che striglia gli studenti nei corridoi di un collegio. E il nome «maestra» subito rimanda (non senza nostalgia) alla scuola elementare. Meglio dire il maestro Speranza Scappucci, il direttore d’orchestra Beatrice Venezi. Perché «stare a concentrarsi sul genere fa spesso dimenticare il merito». Che, alla prova del podio, «al di là di maschile e femminile è quello che davvero conta e fa la differenza». Perché ci vuole talento (e anche una bella dose di coraggio e perseveranza) per farsi strada in una professione che, inutile negarlo, nell’immaginario comune è maschile: Arturo Toscanini, Leonard Bernstein, Herbert von Karajan hanno portato sul podio idee e muscoli. Perché la musica è anche resistenza fisica. Ma questo non spaventa l’esercito di bacchette rosa sempre più numeroso e pronto a conquistare leggii lirici e sinfonici.

Le pionieri tra gli anni Trenta e Quaranta sono state le statunitensi Sarah Caldwell, Eve Queler e Antonia Brico, prima donna a dirigere nel 1938 la New York philharmonic, ma anche la russa Veronika Dudarova, che nel 1991 fondò la Russian symphony orchestra. Perché in molte hanno dato vita a una formazione con la quale fare musica. Oggi diverse generazioni di donne si sono fatte strada, vincendo pregiudizi, espugnando roccaforti che sembravano solo maschili: è accaduto al Teatro alla Scala nel 2008 con l’americana Marin Alsop, prima donna sul podio del Piermarini dal 1778, e nel 2011 con la finlandese Susanna Mälkki, sul podio per un’opera, Quartett di Luca Francesconi.

Simone Young, Julia Jones, Kery-Lynn Wilson sono regolarmente in cartellone in tutti i teatri del mondo, dalla Staatsoper di Vienna al Metropolitan di New York. Musica sinfonica per Emmanuelle Häim, Laurence Equilbey e Barbara Hanningan, direttore, ma anche soprano. La francese Zahia Ziouani è la prima donna ad aver diretto l’Orchestra nazionale dell’Algeria e la Sinfonica del Cairo. La trentenne lituana Mirga Gražinytė-Tyla ha raccolto il testimone di Andris Nelsons alla guida della City of Birmingham symphony orchestra. La cinese Zhang Xiang è stato direttore musicale de laVerdi di Milano sino allo scorso anno, prima donna ad avere un ruolo stabile in un’orchestra italiana.

Italia dove sono più rare le donne sul podio. Ma dove non mancano i direttori d’orchestra in abito da sera. C’è anche un gruppo Facebook – Direttori d’orchestra donne italiane – che raccoglie notizie e segnala appuntamenti. Speranza Scappucci, con le sue scarpette rosse sotto il tailleur-pantalone nero, è la bacchetta più conosciuta e richiesta: classe 1973, romana, ha nel curriculum la Staatsoper di Vienna e il Mariinsky di San Pietroburgo, gli Champs-Élysées a Parigi e la Festpielhaus di Baden Baden e, in casa, l’Opera di Roma e il Rossini opera festival di Pesaro. Beatrice Venezi è il talento in ascesa: da quest’anno la musicista nata a Lucca nel 1990, al vertice dell’Orchestra Scarlatti Young di Napoli, è direttore principale ospite del Festival Puccini di Torre del Lago. Abito lungo sul podio, profili Facebook e Instagram aggiornatissimi.

Diploma a Santa Cecilia per Stefania Rinaldi, direttore del Coro di voci bianche del San Carlo di Napoli e fondatrice dell’Alma Mahler sinfonietta. Debutto nel 1986 al Ravenna Festival per Luisa Russo, diplomata al Conservatorio di Parma. Dove si è formata anche Carla Delfrate che nel 1987 ha fondato l’orchestra da camera Il divertimento musicale  e che nel 1992 è stata nominata direttore stabile dell’Orchestra femminile europea. La romana Isabella Ambrosini, dopo collaborazioni con istituzioni italiane e russe, è direttore artistico e musicale dell’Orchestra Roma sinfonica e del Coro della Università degli studi Roma Tre. Molto repertorio operistico per Elisabetta Maschio, tanta musica contemporanea, invece, per Silvia Massarelli.

Gianna Fratta, nata a Erba (Como) nel 1973, dirige, invece, in frac. E se oggi è conosciuta per la sua storia d’amore con il rocker Pierò Pelù, la musicista, dopo i corsi a Imola e alla Chigiana di Siena, è stata la prima donna a salire sul podio dei Berliner symphoniker e del Teatro dell’Opera di Roma. Lombarda è anche Margherita Colombo, nata a Meda e dal 2016 kapellmeister al Landestheater Niederbayern. Una carriera all’estero anche per Maria Luisa Macellaro La Franca, palermitana, classe 1981 che da dieci anni vive e lavora in Francia, a Bordeaux dove è direttore stabile dell’orchestra sinfonica Unisson Acm e della Camerata Aquitania. E molti concerti fuori dall’Italia per Cinzia Pennesi e Silvia Casarin Rizzolo, salita sul podio per la prima volta a 18 anni.

Beatrice Venezi: Non chiamatemi maestra o direttora

«Sono direttore d’orchestra. Maestro se volete. Ma non usate, per favore, il femminile». Beatrice Venezi ha le idee chiare su come farsi chiamare. «Perché il rischio di queste battaglie è che ci si focalizza sul genere, ma si perde di vista il merito». La musicista lucchese, classe 1990, direttore principale ospite del Festival Puccini di Torre del Lago, vive il suo essere donna sul podio «come una cosa normalissima. Quando ho iniziato a studiare – racconta – non pensavo certo di salire sul podio per fare la rivoluzione».

Per fare cosa, allora, maestro?

«Per esprimermi, per dire qualcosa di me in musica. Ho iniziato studiando il pianoforte, ma mi sono accorta che non mi bastava, avevo necessità di più possibilità timbriche e di colori. Così è stato naturale salire sul podio dove non conta essere uomo o donna, ma conta essere bravi direttori, preparati e capaci».

Vuol dire che non ha mai incontrato pregiudizi, incrociato sguardi diffidenti di qualche orchestrale?

«Certo che sì. E, con un po’ di rammarico, devo dire che capita più in Italia che all’estero. Ma questi pregiudizi durano il tempo di una prova. Poi svaniscono. Quando lavoro con un’orchestra mi interessa il rapporto umano, creare in poco tempo un’empatia con persone che non si conoscono. Una magia che solo la musica riesce a fare».

Anche nella musica tiene banco il caso molestie.

«Fortunatamente non ho mai avuto questa brutta esperienza. Ma questo è un malcostume diffuso in molti campi della vita, non solo in quello artistico. La denuncia non può che fare bene».

Quando sale sul podio, a pantaloni e giacca neri preferisce abiti da sera.

«Sono anche convinta che l’immagine veicoli un messaggio. E se ci presentiamo vestite da uomo rischiamo di rafforzare l’idea che quella del direttore d’orchestra sia una professione maschile».

Quali i suoi direttori di riferimento?

Leonard Bernstein, grande musicista, ma anche grande comunicatore. E Carlos Kleiber per l’eleganza nella direzione, ma anche per la leggerezza nel fare musica e nel proporla. Leggerezza non intesa come superficialità, ma popolarità, capacità di arrivare a tutti, dimensione che la musica oggi un po’ ha perso».

Gli autori che preferisce?

«Per l’opera, naturalmente, Puccini. Sul fronte della musica sinfonica quelle pagine che permettono un dialogo con l’orchestra come il sinfonismo russo di Sostakovic e Cajkovskij. Un altro tipo di repertorio che mi interessa è il sinfonismo italiano di Respighi e di Martucci».

Pagine muscolari…

«La musica sinfonica è muscolare perché le partiture richiedono anche un’energia fisica per essere dirette. E qui più che la differenza l’essere uomo o donna conta più l’età, perché per affrontare certe pagine occorre l’energia della gioventù».

Nelle foto Speranza Scappucci, Beatrice Venezi, Gianna Fratta, Maria Luisa Macellaro La Franca e Isabella Ambrosini

Articoli pubblicato su Avvenire dell’8 gennaio 2018